Non tutte le verità giudiziarie nascono uguali, invecchiano allo stesso modo e, in definitiva, entrano nell’eternità con lo stesso passo. Lo abbiamo visto ieri, quando Giuliano Amato ha lanciato un missile contro la sentenza su Ustica, senza che alcuna contraerea si mobilitasse per difendere la res iudicata. A chi scrive e ai più illuminati di voi, cari lettori, la cosa non suscita sconcerto. La verità giudiziaria non ha la maiuscola e non dovrebbe nemmeno aspirare ad averla.
Quello che desta un filo di mal di politica è fare questa ragionevole e pacata discussione sul cadavere ancora sanguinante della carriera da portavoce di Marcello De Angelis. È l’ipocrisia a destare sconcerto. Ma De Angelis non è Amato, in molto più di un senso. Lui stava provando a colpire una colonna dell’identità nazionale. Una colonna che, caduta, porterebbe con sé molta parte della casa comune.
Quindi la Strage di Bologna, e la sua ricostruzione non sono contestabili, Ustica sì. E non vi venga in mente di domandarvi chi distribuisce le patenti di maiuscolo alle verità giudiziali. Non sta bene in democrazia.
Luca Rampazzo
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