Per rendere un dignitoso omaggio a Giacomo Puccini e alle sue opere non servono “effetti speciali” o egocentrici registi in cerca di scoop: le opere del Maestro lucchese hanno bisogno di rispetto, umiltà e discrezione; parlano da sole se solo vi ci si accosta nel modo giusto.
E, a nostro avviso, la Fondazione Teatro Goldoni con il Festival internazionale di San Gimignano lo hanno fatto con questa Suor Angelica, piccolo gioiello che ha visto la sua prima nello stupendo scenario di Pieve di Cellole a San Gimignano, peraltro evocata nella scenografia della prima di New York del 1918, ed una ripresa in un altro non meno suggestivo contesto qual è quello della Fortezza Vecchia a Livorno.
L’opera è stata inclusa nella rassegna “L’Opera da 10 soldi”, la nuova iniziativa del Teatro di tradizione livornese con Menicagli pianoforti.
Calzante, in alcuni momenti emozionante, la regia di Nicola Fanucchi centra, com’è giusto che sia, il focus nel triangolo emozionale Suor Angelica, zia Principessa, Badessa facendo del resto un corollario funzionale a descrivere ambiente e personalità senza che allentino mai la tensione che incombe fin dall’inizio sulla storia.
Unico neo, la scelta di spostare “fuori palcoscenico” sia la prima scena (estremamente suggestiva) che alcuni momenti dell’azione scenica e musicale di Suor Angelica: ciò ha impedito la visione a una parte significativa del pubblico quella, per capirci, che era coperta dall’orchestra e lontana dall’azione e che si è dovuta accontentare dell’ascolto per fortuna non troppo disturbato dal vento.
La silenziosa e per certi versi inquietante presenza delle statue, conferisce alla scena un’ambigua dualità religiosa e pagana quasi che in quel dramma siano chiamate a scontrarsi forze celesti ed infere, pensieri sacri e profani, dedizione e rimpianti.
La dimensione umana delle suore, la studiata ingenuità con cui vengono raccontati i loro desideri (Da cinqu’anno non vedo un agnellino. – dice suor Genovieffa – Signore, ti rincresco se dico che desidero vederne uno piccino, poterlo carezzare, toccargli il muso fresco e sentirlo belare? ; Qualche boccone buono! Della frutta gustosa! – dicono le suore rivolgendosi a Suor Dolcina) fa da contraltare a Suor Angelica che sembra perduta in una tensione spirituale che la estranea dai desideri terreni (Suor Angelica, e voi avete desideri? – chiede Suor Genovieffa. Io? No, sorella mia. – risponde Suor Angelica. Sono qui per servire. Aggiunge alla suora infermiera che si era rivolta a lei per un problema di una sorella). La realtà è ben altra e profonda la pena che da sette anni l’attanaglia: Tutto ho offerto alla Vergine,… sì,… tutto! – dirà più avanti alla zia Principessa – Ma v’è un’offerta che non posso fare! Alla Madre soave delle Madri non posso offrire di scordar… mio figlio. Il mio figlio!
Tutto questo, in scena, si nota e si apprezza grazie alla attenta regia di Fanucchi e più ancor grazie ad un cast accuratamente selezionato e alla abile e sensibile bacchetta del M° Stefano Cencetti che ha guidato, con perizia e passione, l’Orchestra del Teatro Goldoni.
“Un’opera perfetta, raffinata e preziosa. – afferma Stefano Cencetti, – Attraverso l’oblò di cristallo della religiosità traslucono azioni e desideri di grande intensità, raccontati con un’intimità che è fragile e potente, e che tocca direttamente, come solo Puccini sa fare, il nucleo primigenio del nostro animo, quel luogo dove si raccolgono in un fuoco unitario sentimenti e passioni anche diversi e contrastanti”.
E in alcuni momenti quella musica così appassionatamente suonata ci ha portati laddove il Maestro ha trovato la magia di quelle note: lontani da una quotidianità che ci schiaccia, protesi verso quell’infinito che Puccini ha sempre cercato per dare un’anima immortale ad ognuna delle sue opere.
Parlare del cast significa inevitabilmente parlare della mezzo soprano Ana Victoria Pitts, una ringiovanita ma non meno altera Zia Principessa, solenne e sprezzante, padrona della scena e del ruolo che domina anche vocalmente affascinando il pubblico. Non meno convincente la soprano Silvia Pantani, suor Angelica, capace di dare personalità al personaggio senza mai scivolare in facili enfaticità di maniera; una voce che non si dimentica e che veste alla perfezione il personaggio.
Di rilevo le interpretazioni di Eva Maria Ruggeri, un’ombrosa ed enigmatica Badessa, Eleonora Filipponi, la suora Zelatrice, Carmela Lopez, una piacevolissima Suor Genoveffa, Letizia De Cesari, la Maestra delle Novizie.
Ma tutte ci hanno regalato delle belle interpretazioni dei loro personaggi: Margherita Bingrossi, Marianna Giulio, Simona Ruisi, Federica Marotta, Celeste Nardi, Gioia Pucci, Veronica Niccolini, Alice Schiasselloni, Elena Naldi. Un lavoro corale di cui abbiamo apprezzato, oltre alle singole vocalità, la capacità di costruire una storia convincente prima di tutto dentro di loro, come dovrebbe essere ma spesso non è, in ogni opera: il ruolo di comprimario non è affatto un ruolo secondario ed il valore che ha nel contesto narrativo-musicale deve essere fatto ben presente quando si costruisce un’opera. Qui è stato fatto e il risultato si è visto ed è stato ampiamente apprezzato dal pubblico che ha ripagato con sinceri e generosi applausi.
Di pregio anche il contributo, nella scena finale, della Corale di San Gimignano.
Costumi di Ilaria Giossi; luci di Michele Rombolini; allestimento ed elementi scenici della Fondazione Teatro Goldoni
Stefano Mecenate
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