Tutti quanti noi, di fronte alle tasse, arretriamo, urliamo, protestiamo, NO, no, no … Perché? Oggi, proprio oggi, in Italia si parla di patrimoniale: vade retro Satana, no no: recuperiamo i miliardi di evasione tassando chi le tasse le evade, non chi già le paga, no? Siamo tutti d’accordo, ma come si può fare concretamente?
L’Italia è un Paese dalla storia molto antica, ricca, diversificata. Non è stata un solo, unico Paese da secoli, i nostri antenati ci sono arrivati -ad unificarci- soltanto alla fine del XIX secolo, con fatica, e forse c’è ancora qualcosa da fare per sentirsi tutti parte della stessa comunità. Non è il caso della Francia, della Spagna, del Regno Unito, neppure della Germania che pure ha avuto una storia più simile alla nostra.
In particolare, in Italia, per molti secoli, la “classe dominante politica” -cioè quella che impone le tasse- dominava davvero: fosse fatta di nobili nostrani oppure, quasi sempre, importati (dalla Spagna, dall’Austria, dalla Francia) il rapporto fra potere pubblico ed autonomie private è sempre stato molto conflittuale. Non sono uno storico, ma di sicuro tutti gli storici che conosco non possono che confermare.
In più, essendo il bel Paese frammentato in piccoli pezzetti, facili bocconi dei potenti dell’epoca (pensiamo a Napoleone!) il potere “centrale” non è mai esistito fino al ‘900 e ogni stato o staterello cambiava padrone ogni poco tempo, in funzione di quel che succedeva nel mondo che contava, cioè fuori Italia. Questo almeno dal 1600 in poi, quando il baricentro del mondo occidentale si è spostato dal Mediterraneo all’Atlantico. Le tasse? Ah, si: si chiamavano decime talvolta, oppure erano gabelle, quasi sempre indirette, insomma poco importa: una punizione in favore dei potenti del momento, non certo un segno di appartenenza ad una Comunità e di condivisione delle responsabilità della stessa. Tasse=punizione è una tipica equazione del medioevo.
Inoltre, non erano mai progressive, perché era impossibile misurare le ricchezze individuali. Se guardiamo la Grecia dove c’è un catasto solo da pochi anni, capiamo questo semplice concetto: lo Stato non può tassare equamente (cioè progressivamente) se non misura la ricchezza individuale. Una grande conquista della nostra Costituzione è stata dichiarare che ogni cittadino contribuisce in funzione delle sue possibilità. Salvo poterle misurare queste possibilità, e qui, da noi, c’è sempre stato un problema …
Fortunatamente non è così dappertutto. Ci sono Paesi, molti e sono i più prosperi, nei quali le tasse non sono una punizione ma una procedura per assicurare la giusta redistribuzione del reddito ed assicurare il funzionamento dello Stato. Si torna al concetto di Stato, di cosa pubblica, di amministrazione del bene collettivo che ahimè da noi ha qualche decennio di ritardo. Non meravigliamoci troppo: anche gli arabi (come altri) hanno qualche anno/decennio/secolo di ritardo rispetto a molte conquiste della specie umana, come la parità di genere, ma ci arriveranno, basta avere pazienza.
Un esempio (gli storici non me ne vogliano, sono loro che ne parlano) è il fenomeno mafioso. Se e dove non c’è lo Stato, nasce la mafia, cioè un modo “privato e non pubblico” di proteggere gli individui lasciati indifesi chiedendo in cambio quel che non si può prevedere, cioè praticamente di diventare sudditi e spesso criminali pur di assolvere gli impegni sottoscritti. Dimostrazione: molti Paesi “emergenti” sono dotati di mafie potentissime. Finchè non ci sarà lo Stato, le mafie cercheranno di sostituirsi allo stesso e ci riusciranno, inevitabile.
Ho avuto la fortuna di vivere 10 anni nei Paesi Bassi, negli anni ’70. Pagavo praticamente più del 60% del mio salario in tasse, contributi obbligatori, varie ed eventuali. Ero felice, per due motivi: 1. facendo i conti, il lordo dei miei stipendi (quello che il mio datore di lavoro, lo Stato olandese, pagava per me) era circa 3 volte il lordo di quello che avevo in Italia, a parità di funzione; 2. almeno la metà delle tasse venivano semi-automaticamente decurtate dal mio commercialista sulla base dei “foglietti” che gli consegnavo annualmente, dopo averli conservati gelosamente. Morale: le tasse + contributi reali che pagavo erano “solo” del 30% del lordo, una percentuale più che accettabile. Ed io, rispetto alla situazione in Italia (stesso lavoro universitario) guadagnavo “netto” il doppio.
Come funzionava? Per OGNI spesa, compreso un fiorino per il giornale, conservavo il buono di cassa, il “foglietto”. La domanda: basta la ricevuta o vuole la fattura? non esisteva, la ricevuta, il buono cassa faceva fede. Ho comperato libri per migliaia di fiorini, praticamente a metà prezzo, con le deduzioni dalle tasse, che ho letto, in parte, e che conservo ancora; mi servono per rinfrescarmi la memoria ed imparare a 70 anni quello che non riuscivo ad approfondire a 30. Tutto, tutto era deducibile, purchè in qualche modo facesse parte dei beni e dei servizi necessari per vivere oppure per lavorare, vestiti inclusi (ragionevoli), viaggi di lavoro inclusi (purchè giustificati) per non parlare ovviamente degli interessi dei prestiti ma quelli vengono calcolati anche ora da molti Paesi. Con l’equivalente di 500 fiorini (oggi sarebbero 250€, poco importa: era una cifra onesta, qualche ora di lavoro del commercialista all’anno) riuscivo a risparmiare circa il 50% delle tasse. L’idea era semplice: se per vivere guadagni 100 e spendi 70 ti tasso su 30 e non su 100.
Effetto laterale: l’economia dei Paesi Bassi (come di altri Paesi nordici, Germania inclusa) ha un indice di evasione ed elusione fiscale talmente inferiore a quello dell’Italia da non essere confrontabile. Quasi tutto il nero magicamente emerge. Se penso alle centinaia di miliardi all’anno di evasione-elusione italiana mi viene la pelle d’oca. Gli italiani lavorano il doppio di altri europei per guadagnare in media la metà ed avere servizi non proprio competitivi. Perché? C’è la corruzione, di cui l’evasione fiscale è parte (non tutto). Se non ci crediamo, guardiamo questa (triste) classifica: https://en.wikipedia.org/wiki/Corruption_Perceptions_Index#2012%E2%80%932019 . L’Italia è al 51° posto con Rwanda, Grenada, Arabia Saudita e Malesia. Per fortuna sta lentamente risalendo. Ma non possiamo ignorare questa zavorra che ci “tassa” più di qualsiasi altra imposta statale. Tassa tutti: ricchi e poveri.
In Olanda, anni ’70, ero socialmente felice: guadagnavo molto e deducevo molto spendendo molto. Aggiungo che i servizi (salute, istruzione, strade, trasporti, pensione, …) erano e sono assolutamente imbattibili. Vi racconterò in un’altra occasione della mia pensioncina olandese (100€/mese) perché è una storia istruttiva di cui sono fiero. Certo, che se lo Stato riceve più soldi dalle tasse, e se non è corrotto cioè li spende mediamente bene, tutti ne hanno vantaggio. In breve: sono arrivato ad amare le tasse che pagavo, perché sapevo che mi tornavano indietro in modo giusto con servizi sempre affidabili. Lo Stato era affidabile: se avevo un dubbio, bastava parlarne e … miracolo: il funzionario pubblico a cui ne parlavo … miracolo: MI CREDEVA anche senza giustificazione! Ma questa è un’altra storia, quella della società della fiducia, non della sfiducia: costa talmente meno!
Ho provato da circa 39 anni, da quando sono tornato definitivamente in Italia nel 1981 (per emigrare di nuovo in Francia nel 1999) a lanciare questa ipotesi per eliminare in Italia evasione ed elusione: “i foglietti” deducibili per tutti. Chi spende in “bianco” deduce. È una cultura. La cultura dello Stato amico, non nemico, delle tasse per i nostri servizi, non per le feste del Signore politico di turno.
Già la tracciabilità dei pagamenti con carta di credito è un passo avanti. Ma il vero cambiamento si avrà quando nessun dentista, professionista, artigiano, idraulico, elettricista ci chiederà: con fattura o senza? Bah, il dentista nei Paesi più civili ha tariffe esposte nello studio, ed è coperto da quasi tutte le assicurazioni. Per gli altri, dall’elettricista al pizzaiolo, al giornalaio: è questione di cultura. Basterebbe conservare i “foglietti” che tracciano le spese e registrano i profitti, per tassare (o esentare) tutti i cittadini in modo equo, civile, repubblicano. Impossibile? Non posso crederci.
Ma non siete obbligati ad essere d’accordo.
Stefano A. Cerri
Lascia un commento