“Marx è morto, Lenin è morto e anche io non mi sento troppo bene” faceva dire Forattini a Sandro Curzi (che per una volta non faceva della retorica insopportabile) all’alba della caduta del Muro di Berlino. Con il 1989 speravamo che le macerie del Muro avessero seppellito anche quella sottomarca del Marxismo nota come “Terzomondismo”, cioè la pretesa, assurda e infondata, che a far rimanere poveri i paesi poveri fossero i cattivi capitalisti Yankee alleati con i cattivissimi colonizzatori Francesi. Come molte speranze suscitate da quell’anno storico, pure questa si è rivelata infondata.
L’ultima incarnazione di questo scampolo ideologico è che Cina, Russia e una serie di paesi in via di sviluppo possano mettere in campo una valuta alternativa al dollaro, che ne diventi in breve concorrente e infine la scalzi. Questa è un fesseria sesquipedale, usata dai BRICS alla vigilia di ogni vertice per far svegliare le quinte colonne e guadagnarsi uno spazietto in prima pagina. Ma questa ipotesi non ha, non ha mai avuto e non avrà mai avuto alcuna possibilità di realizzarsi. Per tre ordini di ragioni.
1. Una valuta esiste solo se dietro ha una Banca Centrale. La dedollarizzazione prevede, invece, la decentralizzazione. La decentralizzazione, come il mondo delle cryptovalute e delle loro truffe dimostra, non funziona. Non è economica, non è pratica e non resiste alle spinte del mercato stesso. È un processo inevitabile. I BRICS non hanno una struttura politica che possa generare un equivalente della BCE. E questo perché, con buona pace di chi non se ne fa una ragione, Cina e India non potranno mai accordarsi sulla gestione di una valuta. Ancora meno Arabia Saudita e Iran. Certo, tutti soffrono il dollaro come valuta di riserva. Ma come ci insegna l’euro, il dollaro è semplicemente troppo comodo. E stabile, nonostante tutto. In ogni caso, se un giorno le cose dovessero cambiare, di sicuro il concorrente non nascerebbe tra Brasilia e Pechino.
2. I BRICS hanno una serie di piccoli problemi economici, che rendono la valuta unica un sogno. Il Rublo è in caduta libera. La Cina ha un problema finanziario in casa con il crollo del mattone che spera di risolvere, e che probabilmente si illude si risolvere, tramite leva monetaria. Il Brasile sta pensando a una moneta unica con l’Argentina. L’Argentina sta per fare default. Il Sudafrica è direttamente sull’orlo del collasso. Insomma, sarebbe un’unione di debolezze per sconfiggere la valuta più forte.
3. I paesi fornitori di materie prime sembrano sempre fortissimi, salvo quando ci si accorge che, come la Russia, possono essere sostituiti con un po’ di dolore, ma senza drammi in pochi mesi. E quando questo succede ci si accorge che per sopravvivere devono svendersi a vicini voraci, come la Cina. Insomma, lo shock petrolifero degli anni 70 fu devastante non perché fu petrolifero, ma perché fu uno shock. Quindi no, garantire la valuta con le proprie materie prime non la rafforza affatto, semmai ne segna una patologica debolezza.
Ultimo punto: qualcuno, soprattutto nel mondo libertario e complottista (auguri a trovare la linea di separazione) si illude che questa valuta, garantita dall’oro, sarebbe più stabile del dollaro. Prima considerazione: non è il 1500, non siamo a Paperopoli, un grande forziere di oro e titoli convertibili in metallo pregiato non rendono stabile una valuta. Le monete non inflazionabili non sono valute, sono beni rifugio altamente pericolosi. L’esempio migliore è il bitcoin, qualcosa con cui qualcuno diventa molto ricco a scapito di legioni di investitori diversamente furbi che diventano altrettanto poveri. Ma le pizze pagate in bitcoin non sono e non saranno nel medio periodo una cosa intelligente su cui scommettere.
I BRICS lo sanno, e infatti non faranno alcuna valuta comune garantita dall’oro, dal petrolio o dalle banane. I Terzomondisti non lo sanno e infatti continueranno a sperarci. Accumulando oro e frutta sperando di rimandare gli Yankee a casa.
Luca Rampazzo
Enrico Martelloni
Tutto molto chiaro. Si aggiunga che fino al 1971 anche il dollaro era una valuta garantita dall’oro. Ciò che propone la BRICS è un tentativo della Russia di Putin, applaudita da certi nostalgici, di vincere la guerra persa già prima di cominciarla e che presto dovrà pagare profumatamente per i suoi crimini compiuti, nonostante abbia carne da cannone da gettare sul fronte.