La Banca centrale neozelandese, The Reserve Bank of New Zealand, ha lasciato il tasso ufficiale (OCR) invariato nella sessione del mese di Luglio, come ampiamente atteso dai mercati. E’ la prima pausa dall’ottobre 2021. Nello statement si legge che il livello dei tassi rimarrà a livello restrittivo fino a quando l’inflazione scenderà in un intervallo compreso tra l’1% e il 3%. L’obiettivo, secondo le autorità monetarie neozelandesi, sarà raggiunto nel 2024. Secondo la Rbnz i vincoli dell’offerta continuano ad allentarsi, mentre l’occupazione rimane al di sopra del livello sostenibile, anche se sta rallentando. Il dollaro neozelandese ha reagito salendo, anche se il movimento è stato ridotto e non volatile come al solito di fronte ad una decisione di una banca centrale. 0.6240 l’area di massimi raggiunti per poi tornare in area 0.6220. Saliti parzialmente anche i cross di Nzd come NzdChf anche se sembrano movimenti di breve che possono rientrare in qualsiasi momento.
AZIONARIO.
Ieri, i listini americani sono saliti chiudendo leggermente positivi, entro una percentuale dell’1% per i tre indici principali, con il Dow a +0.93%, il Nasdaq a +0.55% e l’S&P500 a +0.67%, alimentati dalle speranze di fine ciclo espansivo sui tassi da parte della Fed, che, nonostante abbia reiterato, attraverso le dichiarazioni dei propri funzionari, che serviranno probabilmente ancora due rialzi nel 2023, non hanno negato che la fine del ciclo di inasprimento si avvicini. Ciò vale per gli Usa, mentre sembra non valere per Europa e Uk, ancora alle prese con una inflazione eccessivamente alta, in un contesto pericoloso, soprattutto nel vecchio continente, di rallentamento economico che riguarda soprattutto la locomotiva d’Europa, ovvero la Germania, in cui l’inflazione, pubblicata ieri, è ancora al 6.4%. Tra l’altro sempre in Europa, ritornano ad emergere le divergenze tra i vari paesi, cosicchè la politica monetaria attuale, non è probabilmente adatta, in questo preciso momento, a tutti i paesi, considerando il fatto per esempio che la Bce alzerà ancora i tassi quando in Spagna l’inflazione è sotto al 2%. Tra gli altri paesi, registriamo un indice dei prezzi al consumo in Italia come quello tedesco al 6.4% mentre in Francia si trova al 4.5%. L’inflazione media in Eurozona è ancora al 5.5%. E oggi pomeriggio, attenzione ai dati sul Cpi americano, il vero market mover della seduta odierna, con una inflazione core attesa al 5%, mentre quella generale dovrebbe scendere al 3.1%, il che potrebbe dare la spinta alla Fed per cominciare a riparlare di pivot dei tassi.
VALUTE.
Ed è proprio questa speranza che circola sui mercati, che spinge Euro e Sterlina, ma anche lo Jpy a salire contro il dollaro. Un EurUsd tornato in area 1.1030, non lontano dai punti chiave di 1.1090 00, che rappresentano il trigger level di un eventuale rialzo anche fino ad 1.1500, nel caso di violazione dell’area. La sterlina si avvicina a 1.3000, livello chiave altrettanto importante per raggiungere eventualmente anche 1.3150. Sesta seduta consecutiva poi di ribasso del UsdJpy, con obiettivi che tecnicamente, sembrano essere posizionati a 137.80 138.00, anche se ci avviciniamo a livelli molto interessanti di breve per qualche rimbalzo. Tra le altre coppie segnaliamo un franco svizzero ancora fortissimo contro Euro a 0.9670, frutto di un UsdChf che scivola continuamente e una Snb incapace di frenarne la corsa, con obiettivi anche a 0.8740, non lontani dai livelli attuali e la cui rottura aprirebbe la strada a livelli che abbiamo visto solo nel 2011 e 2015 quando la Snb stessa eliminò il peg. E parliamo di area 0.7200. Tra i cross ancora tentativi di rialzo per GbpAud e GbpNzd, nonché EurAud ed EurNzd, che evidenziano come vi sia un risk off latente che covi sotto la cenere. Sul fronte materie prima, sembra che il petrolio abbia trovato una sua stabilizzazione e un proprio equilibrio nelle aree attuali tra 70 e 80 dollari per Wti e Brent. Scende il dollaro e riprova a salire l’Oro che è tornato a in area 1.940, con possibili obiettivi a 1.970. Di strada per tornare sopra 2000 però ce n’è ancora tanta da fare.
Saverio Berlinzani
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