Che invasione si sta verificando sull’Adriatico. Turisti dappertutto. Ma a guardare le acque e le coste di questa che un tempo era la laguna di Venezia, scopri una doppia esistenza e un diverso grado di inquinamento tra nord e sud. Non a caso sono esplose la Puglia e l’Albania, affianco alle isole greche e al Montenegro.
Di questa doppia immagine parlammo prima del covid con Claudio Magris, in un incontro a Spalato. Venne fuori da quel convegno soprattutto la doppia vita del mare che si aggettava da Trieste e Venezia e scendeva fino a Otranto. La descrizione di Magris continuava il racconto di Danubio, il suo maggior reportage, la vita della Mitteleuropa, la commistione di popoli e di lingue, la fine dell’Impero austro – ungarico.
Il suo Adriatico assisteva alle partenze da Trieste dei traghetti carichi di camion diretti in Grecia Montenegro e Turchia e di viaggiatori turchi che rientravano in patria dalla Germania e nel contempo l’approdo di turisti tedeschi e viennesi in un mare suggestivo qual è il Canal Grande di Venezia. Eppure c’era nella voce del maestro un senso di sfinimento e di abbandono, un po’ ciò che si respira in Morte a Venezia di Thomas Mann. Il suo Adriatico raffigurava appunto il lento sfacimento di una cultura, le ultime battute di una vita aristocratica che stava sparendo definitivamente dopo i disastri della seconda guerra mondiale.
Questo era la parte nord del mare. Un mare inquinato sulla costiera italiana dagli scarichi dei grandi fiumi, Po e Adige, ancora addormentato sull’ isola di Poveglia dove si fermavano in quarantena gli appestati e nella isola dei morti di Boecklin. Magris caricava del proprio sentimento decadente quel mondo o si lasciava pervadere nell’intimo da quella malattia. Che era il mondo di Umberto Saba e di Svevo, ma soprattutto di narratori tedeschi come Joseph Roth. Un’atmosfera di abbandono come ne La cripta dei Cappuccini, ma anche di attesa, direi un’aria gonfia di malattia e di presagi.
L’Adriatico meridionale che io presentavo era invece un mare di guerra e di violenza, aperto all’arrivo dei profughi maghrebini e balcanici
Dopo le guerre nell’ex Jugoslavia e la frammentazione dei paesi si sono avuti strascichi soprattutto tra Albania Macedonia e Kossovo. La rivoluzione qui non è ancora finita, come sono irrisolti i problemi economici della Grecia . Ma la vera guerra è quella del mare, perché dall’ Egeo continuano ad arrivare tutti quegli uomini che non ce la fanno a superare la cortina slava, fuggendo da Siria Iran e Afganistan.
A questi vanno aggiunti tutti i fuggiaschi del Maghreb e dell’Africa subsahariana. Un fiume ininterrotto di gente che approda in Sicilia, a Lampedusa e nel sud della Puglia.
L’Adriatico meridionale non è quel mare irenico e paradisiaco di cui parlava Franco Cassano e non è affatto il luogo dei ricordi e dello sfinimento come nel nord, ma piuttosto il mare dove sta sorgendo l’alba della storia e dei futuri cambiamenti.
Raffaele Nigro
(da “Avanti Online”)
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