E’ cominciata la presa di distanze dal documento Colao, retrocesso a “contributo”. Il governo ringrazia e annuncia che fara’ da se’? Questa l’aria che tira. Sarebbe una stupidaggine. Un governo non puo’ fare l’analogo del piano Colao. Ai governi spetta tradurre le idee in atti, riforme legislative, misure e provvedimenti concreti. Ma avere una cornice, un documento, un piano discusso con le forze sociali, la cultura e la scienza, e’ essenziale. Il rischio e’ che prevalga la mediocrita’ della politica, l’allergia a parlare di riforme, l’abitudine ad agitare bandiere ideologiche- ambiente, sostenibilita’, ricerca, digitalizzazione, impresa- ma spaventati quando si tratta di tradurle da “caciocavalli appesi” in riforme concrete. Noi siamo abituati a discettare, filosoficamente, su blabla ideologici, paroloni vuoti- “nuovo modello di sviluppo”, “priorita ambientale ” sviluppo sostenibile”, ” stato imprenditore” ecc. – ma ci ritiriamo quando occorre tradurre i “paroloni” in un coerente, realistico, fattibile programma di governo. L’Italia e’ allergica al riformismo per natura. E, grazie anche alla ricchezza della lingua e della cultura siamo bravi, anzitutto, nella retorica. Si deborda in declamazioni ideologiche ma si finisce, sempre, nella mediocrita’, nel corporativismo, nell’impotenza quando si tratta di tradurre i paroloni e le declamazioni in programma e politiche di governo. Questo riguarda tutti: partiti, imprese, sindacato. E’, purtroppo, un difetto dell’Italia. Negli anni 60 il centrosinistra di allora produceva ottimi documenti di “visione”, ma riforme zero. I progetti finivano sistematicamente nel dimenticatoio e governo ed opposizione si dedicavano ad una gestione del giorno per giorno, senza riforme. Anche il tentativo riformista della stagione 2013/2017 e’ stato, rapidamente, battuto ( e poi accantonato dagli stessi protagonisti). L’Italia e’ il paese dell’eterno ” riformismo mancato”. Ma ora siamo al dunque: la ripresa dell’economia ha bisogno di riforme. I soldi europei ce le consentono, ma se vince la mediocrita’ e l’accantonamento delle riforme, quelle indicate nel documento Colao ad esempio, l’Italia perde la guerra.
Umberto Minopoli (da facebook)
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