Un mese è già passato da quando la Russia non ha rinnovato l’accordo sul grano avvenuto un anno fa con la mediazione dell’Onu e della Turchia che forniva protezione alle navi che trasportavano il cereale dall’Ucraina attraverso il Mar Nero.
In quest’ultimo mese, Mosca ha intensificato gli attacchi ai porti ucraini e alle infrastrutture del grano, mentre le forse di Kiev hanno colpito uno dei porti russi sul Mar Nero. Ora i paesi di tutto il mondo premono per il ripristino dell’accordo sui cereali, con gli agricoltori ucraini che si chiedono come sopravvivere.
Un agronomo, Oleksandr Sivogorlo ha dichiarando: “Non possiamo vendere i nostri prodotti, poiché l’infrastruttura portuale è parzialmente distrutta e bloccata. L’Egitto ha preso una quantità molto grande di grano. E poi ci sono l’India, la Cina, i paesi del Medio Oriente. L’Ucraina consuma per il mercato interno solo il 15-20% della produzione. L’80% viene esportato”.
L’azienda agricola, dove lavora Sivogorlo, ha raccolto 4.800 tonnellate di grano in questo mese. Ma dopo che la Russia è uscita dall’accordo che consentiva all’Ucraina di spedire il grano nel mondo, ora teme per il futuro della fattoria e del lavoro di tante persone.
Attualmente l’unica opzione è quella di usufruire di rotte stradali, ferroviarie e fluviali tra le più costose in tutta Europa, che hanno scatenato le proteste dei paesi vicini. Il trasporto di merci è diventato ormai un’impresa difficile.
Gli accordi permettevano il transito delle navi cargo provenienti dai porti di Odessa, Chornomorsk e Yuzhny/Pivdennyi, attraverso il mar Nero, diretti in Africa e Medioriente.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato: “L’intesa che ha permesso l’esportazione dei cereali Ucraini dal 2022 è finita di fatto il 17 luglio”.
Il patto è considerato cruciale per scongiurare una crisi alimentare globale. Secondo Mosca, la parte degli accordi che riguardavano la Russia non è stata rispettata. Il riferimento riguarda in particolare la cessione delle derrate ai paesi più poveri, e l’ammorbidimento delle sanzioni occidentale che limitano le sue esportazioni agricole. Ma Peskov non ha escluso di riconsiderare la decisione se le condizioni saranno rispettate.
Un portavoce ha spiegato ai media russi che Mosca ha notificato la decisione a Turchia, Ucraina e Onu.
I canali diplomatici hanno lavorato per giorni, tra l’ottimismo Turco e la cautela di Mosca. L’intesa, infatti, è considerata cruciale per scongiurare una crisi alimentare mondiale.
L’Ucraina, forniva circa 45 milioni di tonnellate ogni anno prima del 2022. Il conflitto ha causato un’impennata dei costi.
Si tratta di un equilibrio precario per quei paesi che sono importatori netti di cereali. Non tutti hanno le risorse per far fronte a questo aumento dei prezzi.
Sébastien Abis, ricercatore associato presso l’Istituto di Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS), e presidente del Déméter Club, un think tank sul settore agricolo ha spiegato: “Se sei l’Algeria o la Nigeria, hai delle rendite petrolifere che ti permettono di acquistare questo grano anche a prezzo maggiorato. Quanto ad altri Paesi come Tunisia, Mali o Sudan, Paesi che oggi sono particolarmente instabili, hanno difficoltà a pagare di più il grano sul mercato internazionale. I principali importatori sono il Medio Oriente, il Nord Africa, l’Africa sub-sahariana e il sud-est asiatico. Queste quattro sottoregioni rappresentano i due terzi, addirittura il 70% dell’import mondiale di grano ogni anno”.
La stabilità dei prezzi è appesa a un filo: dipende dalla continuità delle esportazioni ucraine, e solo il transito in sicurezza delle navi attraverso il mar Nero può garantirle.
Ma se l’accordo non dovesse avvenire e la barbarie della guerra continua a bloccare il grano ucraino, sarà un disastro umanitario di proporzioni gigantesche. Non si può assistere passivamente al vile ricatto della Russia per la guerra in Ucraina. Così, i diritti umani sono palesemente violati, mentre la carta dell’Onu ha bisogno di essere applicata. L’umanità rivendica una giustizia che le stesse Nazione Unite non riescono a garantire. L’unica via da seguire è quella diplomatica dove ancora resta acceso qualche lumicino di speranza portato dagli “uomini di buona volontà”, anche se sono difficilmente identificabili in questo complicato momento storico. Piuttosto che pensare alle guerre, bisogna pensare a salvare l’umanità dove la povertà, la miseria e la fame sono sempre più diffuse in tutto il mondo.
Salvatore Rondello
(da “Avanti Online”)
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