Pochi sanno che l’abbigliamento intimo di La Perla è stato indossato anche dall’attore Daniel Craig che nel 2006, nel film di 007 ‘Casino Royale’, indossò un costume da bagno GrigioPerla. Cimelio che nel 2012 è stato poi battuto dalla casa d’aste Christiès in occasione del cinquantenario del primo film di James Bond, per 44.450 sterline (oltre 50 mila euro).
Comunque sia, La Perla è sempre stato sinonimo di lingerie di gran lusso, ma sono ormai cinque anni che questo storico marchio di Made in Italy non è più in mani italiane, essendo stata venduta al fondo olandese Sapinda, oggi società di investimento Tennor Holding.
Dopo varie vicissitudini, è arrivato un annuncio choc. A causa della crisi, l’attuale proprietà ha annunciato di non riuscire a pagare gli stipendi ai 350 dipendenti nonostante tre mesi fa avesse annunciato come imminente un rilancio. A questo punto, è sceso in campo il Governo che dopo diverse sollecitazioni ha annunciato: “Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy segue con attenzione l’evolversi della situazione che sta interessando il gruppo La Perla e i suoi lavoratori ed ha convocato per martedì 5 settembre 2023, alle ore 15, in modalità mista, un tavolo sulla crisi del gruppo. All’incontro sono stati invitati i rappresentanti dell’azienda, delle parti sociali e i sindacati”.
Le Istituzioni ed i Sindacati si sono impegnati a salvare i posti di lavoro dello storico marchio italiano presente in tutto il mondo.
“Inaccettabile” è il giudizio espresso nettamente dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e dall’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, sul mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti del gruppo “La Perla” di Bologna, di proprietà del Fondo olandese Tennor, con sede a Londra, controllato dal finanziere tedesco Lars Windhorst.
Prima della convocazione da parte del Governo, il presidente Bonaccini e l’assessore Colla hanno spiegato: “Questa decisione presa dall’azienda è una palese violazione degli impegni assunti dalla proprietà con le Istituzioni, Regione in primo luogo, e con i sindacati. Non è pensabile lasciare queste lavoratrici e lavoratori senza certezze per il loro futuro, così come è inaccettabile tollerare che la proprietà non abbia mantenuto nessuno degli impegni che si era assunti. Già all’inizio di luglio avevamo scritto a Ministero per chiedere di convocare un incontro urgente con la proprietà, le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali, perché è indispensabile trovare soluzioni che salvino il sito produttivo, il valore del marchio “La Perla” e i posti di lavoro. Non siamo ancora stati convocati dal Ministero, e siamo stupiti da questa mancanza di attenzione da parte del governo. Rinnoviamo con forza la richiesta di convocazione del tavolo ministeriale, perché non è possibile indugiare oltre”.
In queste dichiarazioni emerge la condivisione incondizionata della Regione Emilia-Romagna per la richiesta avanzata dai sindacati di categoria al Ministero delle Imprese e del Made in Italy di convocare urgentemente un tavolo sulla vicenda che coinvolge un marchio storico e di qualità della produzione nazionale nel settore lingerie, che occupa 350 persone.
Sono lontani i bei tempi quando il nome dell’azienda venne ispirato da una scatola foderata in velluto rosso, simile ad un cofanetto da gioielliere, in cui erano inserite le prime collezioni. E quindi La Perla venne scelto come nome per simboleggiare l’armonia, il lusso e la femminilità.
Per oltre 60 anni, è stato un marchio celebre principalmente per la produzione di lingerie, e poi in seguito anche di costumi da bagno, dalla linea estremamente raffinata e con materiali e tecnologie di pregio (ad esempio il ricamo Cornelly, il macramè, la seta soutache, l’antica tecnica del ricamo a frastaglio e la dentelle de Calais).
Guidata dalla fondatrice Ada Masotti dal 1954 al 1981, l’azienda nata a Bologna passò alla sua morte al figlio Alberto Masotti che dopo aver conseguito una laurea in medicina, decise di dedicarsi interamente all’impresa di famiglia, guidandola dal 1981 al 2007.
Dopo più di mezzo secolo, nell’ottobre del 2008 La Perla venne venduta a JH Partners, una private equity con sede a San Francisco e focalizzata sugli investimenti in aziende di servizi e marchi di lusso.
Nel 2013 ritornò italiana, essendo stata acquisita dall’imprenditore Silvio Scaglia, tramite la holding Pacific Global Management, che comprò l’azienda all’asta organizzata dal tribunale fallimentare di Bologna per 69 milioni di euro rilanciandola successivamente con un piano di sviluppo mirato al consolidamento dell’identità del marchio. Per questo scopo vennero investiti 350 milioni.
La società, con un quartier generale a Londra, 150 negozi monomarca sparsi nel mondo e 1.500 dipendenti, è passata nel 2017 in mani olandesi. Il fatturato dell’azienda viaggia intorno ai 150 milioni di euro.
La Perla è solo l’ultimo di una lunga lista di brand del lusso made in Italy che sono finiti in mani straniere. Tra gli altri casi più significativi, quello di Gucci acquisita dalla holding francese Kering nel 1999 per 3 milioni di dollari. Un affare che si è rivelato tale nel tempo visto che il fondo internazionale ha contato nel 2017 oltre 3 miliardi di ricavi supplementari e più di un miliardo di crescita del risultato operativo.
Intanto 350 dipendenti dello stabilimento italiano di La Perla sono senza stipendio e non passeranno certamente un buon ferragosto.
Riuscirà il governo a trovare una soluzione per salvare il prestigioso marchio italiano? Perché non incoraggiare e sostenere una cooperativa di lavoratori che possa rilevare l’attività salvando occupazione e produzione?
Se il governo Meloni si adoperasse in tal senso, darebbe un sonoro scacco alle opposizioni. Tuttavia, usando un’espressione cara al compianto compagno Bettino Craxi, potremmo dire: “Non importa se il gatto e bianco o nero, l’importante è che acchiappi i topi”.
Salvatore Rondello
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