Certo, Mario Draghi ha carattere, competenza e determinazione. Ma nel caso della Turchia penso che abbia semplicemente sbagliato. Per due motivi:
a) l’ambiguità e l’irresolutezza della UE. E’ facile criticare oggi la politica estera di Erdogan. Ma non si deve dimenticare che la Turchia ha fatto domanda ufficiale di adesione alla UE dal 1963 , cioè ben 58 anni fa, e l’ha ripetutamente rinnovata promuovendo insieme alla UE anche degli importanti processi di modernizzazione. Ma la UE non ha mai preso una decisione in merito all’ingresso ufficiale della Turchia. Di fronte a questo atteggiamento europeo cosa attenderci dalla Turchia di oggi ? Forse qualche mea culpa europeo sarebbe quanto mai opportuno, piuttosto che scandalizzarsi della mancata sedia alla presidente della commissione (per inciso : come funziona il suo ufficio protocollo ? Nessun responsabile, nessuno che paga? ).
b) la definizione di “dittatore” di Mario Draghi: come si concilia con l’appartenenza della Turchia nella NATO? Fino a prova contraria la NATO difende i propri stati membri per la salvaguardia di libertà e diritti democratici fondamentali. Che credibilità può avere questa sua missione se al suo interno siedono ed operano anche “dittatori”? In effetti l’uscita di Mario Draghi non ha tenuto conto di questo aspetto fondamentale; come l’ uscita del presidente Biden che definisce “killer” un capo di stato, non tiene conto dei rapporti di collaborazione organiche che gli stati hanno attualmente in essere in molte istituzioni internazionali. Come si può sedere ad un tavolo comune e collaborare ufficialmente con un “killer”? A meno che lo scopo recondito di queste uscite non sia di indebolire proprie le principali sedi attuali della cooperazione internazionale, a cominciare da ONU, G20 ed altro.
Marco Ricceri
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