“…Dopo un passato da modello, spogliarellista, disegnatore in uno studio di arredamento e gestore di una palestra, conobbe Christian De Sica all’età di 23 anni. Debutta come attore, lavorando numerose volte con De Sica, sia per il cinema che per la televisione”.
Decisamente un “ritratto” molto approssimato quello che su Wikipedia presenta Paolo Conticini che, sabato 20 e domenica 21 novembre si presenterà invece al teatro Verdi di Pisa con uno spettacolo dal titolo decisamente invitante “La prima volta…”
Siamo andati a trovarlo per chiedere qualcosa di lui…
“Nel mezzo del cammin di nostra vita”, diceva Dante in procinto di iniziare il suo viaggio; lei, “giovane cinqantenne” decide invece di raccontarsi con questo spettacolo: perché?
Non so se c’è una motivazione ben precisa, io do la colpa al lockdown durante il quale avevo scritto degli aneddoti sulla mia vita senza un vero e proprio filo conduttore. Questo inaspettato e per nulla facile periodo ci ha in qualche modo obbligati a stare un po’ più con noi stessi facendoci riflettere sul senso di molte cose che, nella frenesia della vita “normale”, non avevamo avuto il tempo, o la voglia, di prendere in considerazione. Ho così deciso di dare ordine a queste riflessioni e ne è nato un libro (Ho amato tutto, Pacini editore, 2021): ho immaginato, giunto a 50 anni, di andare sulla tomba di mio nonno per raccontargli tutto quello che mi è successo; cose che ha visto ma delle quali non conosce i retroscena e le motivazioni perché non gli ho mai detto quello che sentivo dentro di me. Ho sentito il bisogno di esternare, attraverso questo immaginario dialogo con lui, le mie insoddisfazioni, i miei pensieri, le mie paure, le mie vittorie e miei insuccessi.
Un’altra conseguenza del lockdown è stato il blocco quasi totale degli spettacoli dal vivo, l’interdizione dei teatri e la contingentazione dei posti quando le cose sono migliorate. Impossibile quindi pensare a grandi spettacoli. D qui l’idea di “dar voce” al libro proponendolo come spettacolo: raccontare tutte le mie “prime volte” poteva essere la chiave giusta per parlare un po’ di me e del mondo che mi circondava. Con un pizzico di ironia ho voluto condividere le mie esperienze divertenti, poetiche o drammatiche che fossero; ed è la prima volta che mi racconto in uno spettacolo in teatro.
Guardandosi indietro qual è il primo dei momenti speciali che l’hanno portata al successo che ha raggiunto oggi?
Mah… Non ce n’è stato uno in particolare anche perché la notorietà, il successo che ho oggi l’ho costruito con tanti piccoli tasselli; certamente la consacrazione è stata la fortunata serie televisiva “Provaci ancora prof” (2005-2017) con Veronica Pivetti ed Enzo Decaro nella quale ho interpretato il Commissario Gaetano Berardi, ma la mia vita nel mondo dello spettacolo è iniziata molto prima e, pazientemente ed entusiasticamente, ho investito in ogni cosa molto di me proprio perché credo che il successo, se mai lo si raggiunge davvero, è frutto di un impegno costante.
Giustamente ha citato la fiction Provaci ancora prof con Veronica Pivetti, ma è stato presente tra i personaggi principali anche di Come un delfino, con Raul Bova, e Un medico in famiglia… Come giudica questo genere televisivo che fidelizza moltissimi spettatori?
Credo che, se i contenuti sono quelli che erano presenti nelle fiction alle quali ho partecipato, possano essere portatori di messaggi positivi. Queste storie, in molte delle quali gli spettatori possono identificarsi perché raccontano la quotidianità, ci consentono di raggiungere più da vicino queste persone, talvolta l’intera famiglia, e nasce un sentimento di simpatia, quasi di affetto come se i personaggi che interpretiamo diventassero davvero parte della vita di queste persone.
Una cosa particolare: in Come un delfino ho impersonato Ugo Vanni, ex manager e amico di Alessandro Dominici; gestivo la Taurus, la piscina dove Dominici e i ragazzi del Sole si allenavano a Roma. Una gestione avventata degli affari della società mi aveva portato preoccupanti problemi finanziari. Ricattato per i miei debiti, mi sono trovato costretto a scendere a pesanti compromessi che hanno minato seriamente il mio rapporto con Alessandro. È il personaggio più scuro che abbia mai interpretato e devo dire che mi è piaciuto molto analizzare e recitare questo ruolo perché mi ha offerto nuove prospettive personali ed artistiche.
Importante è anche la sua presenza nei film: quale ricorda con più piacere e quale, se c’è, è il film che non ha ancora fatto e che vorrebbe davvero fare?
Una caratteristica comune a tutti i film a cui ho preso parte è il mio ruolo: ho sempre interpretato personaggi reali nei quali gli spettatori si identificano facilmente.
Ho iniziato nel ’95 con Uomini uomini uomini per la regia di Christian De Sica e davvero sono moltissimi i titoli che mi vedono tra i protagonisti del cast: Vacanze di Natale ’95 per la regia di Neri Parenti, Viaggi di nozze, Paparazzi, Vacanze di Natale2000 con la regia di Vanzina fino ai più recenti Matrimonio al Sud, Natale da chef, Di tutti i colori. Devo dire che mi è piaciuto molto interpretare, anche in modo iperbolico, questa realtà nella quale viviamo perché mi ha consentito di conoscerla, e quindi di conoscermi, meglio e di poter “denunciare”, ovviamente in modo ironico, i limiti e i rischi che corriamo. Ad esempio, in Un Natale al sud (regia di Federico Marsicano) con Massimo Boldi vestivo i panni di Leo, web influencer costantemente connesso alla rete fino quasi a perdere il contatto diretto con la realtà fisica. Mi sono davvero divertito a raccontare come si possa scivolare con facilità a certi paradossi.
Confesso che adesso mi piacerebbe interpretare un personaggio cattivo: recitare un ruolo di cattivo in un film drammatico sarebbe per me una cosa nuova e a me le cose nuove stimolano tantissimo; non l’ho mai fatto e sarei molto curioso di vedermi in quei panni.
E col teatro che rapporto ha? Quale parte di sé ha maggiormente bisogno di misurarsi sul palcoscenico dal vivo?
Il rapporto che ho con il teatro è bellissimo, credo che sia la cosa che mi piace di più. Il rapporto diretto con il pubblico, il metterti in gioco ogni sera reinterpretando ogni volta il tuo personaggio, nonostante dici le stesse cose, perché ogni volta hai davanti a te un pubblico diverso, luoghi e teatri diversi che ti accolgono e rispetto ai quali senti la responsabilità ma anche il piacere di condividere con loro l’emozione dello spettacolo… Sono cose impagabili! Certo, almeno per me, stare davanti al pubblico mette anche paura, ma anche questo contribuisce a vivere intensamente quei momenti, da quelli che precedono lo spettacolo, a quelli sul palcoscenico fino a quando, spente le luci, ti trovi a fare un bilancio di quella serata, unica anche se parte di un lungo tour.
Il primo approccio con il teatro è nato da una proposta che mi è stata fatta per Un americano a Parigi per la regia e coreografia di Franco Miseria. Un musical era come un sogno per me: per un attore avere la possibilità di esibirsi recitando, ballando e cantando insieme, rappresenta una tappa indiscutibilmente importante, e poi io amo i musical.
In seguito (2004) l’attore e regista siciliano Sebastiano Lo Monaco mi ha proposto di interpretare Giasone nella sua Medea, ruolo questo affidato a Francesca Benedetti.
Adesso mi piacerebbe tornare ad interpretare un personaggio “serio”, magari in un grande classico. La mia età, la maturità artistica raggiunta mi stimolano a cercare ruoli diversi da quelli, pur interessanti e gradevoli, che interpreto e, come per il cinema o la televisione, cercare nuovi stimoli mi aiuta a crescere.
C’è qualcosa, professionalmente parlando, che non avrebbe voluto fare tra le cose che ha fatto finora?
Tirando le somme, direi proprio di no. Credo rifarei tutto perché anche le cose che ho “sbagliato” mi hanno aiutato a crescere. E a dirla tutta, grazie ad un po’ di fortuna – perché nella vita come nel lavoro e nel nostro in particolare, la fortuna gioca un ruolo importante – le cose che non hanno fatto centro finora sono state poche…
Sono comunque servite ad aggiustare il tiro, a migliorarmi, a conoscere quelli che sono, almeno in quel momento, i miei limiti e a tenerne di conto o cercare di superarli.
Che rapporto ha con la sua città natale, Pisa?
Un rapporto di amore sviscerato. Pisa è la mia città dove ritrovo le mie radici, i miei affetti, le mie amicizie. Ogni volta che posso, quando non ho tournee teatrali o impegni cinematografici, nel fine settimana cerco di tornare a Pisa: è un “sentirmi a casa”, essere Paolo e non il personaggio Conticini col quale vado pure ben d’accordo ma talvolta lo lascio volentieri lontano dalla mia vita privata fatta di cose più intime e conviviali.
Al di fuori del suo lavoro quali sono i suoi interessi, i suoi hobbies?
Decisamente lo sport: a sei anni ho cominciato con il ciclismo per poi passare al calcio. Ho militato anche nelle giovanili del Pisa, quando la squadra era nella massima serie. Lo sport mi fa bene soprattutto a livello psicologico perché mi ossigena il cervello e mi spazza via il cattivo umore.
Per il resto, mi prendono le fissazioni per cose anche molto diverse tra loro: curioso della vita, amo scoprire cose nuove; così passo dal modellismo alla chitarra alla pesca… Poi abbandono e ricerco altre fonti di distrazione, per il poco tempo che il lavoro mi consente.
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