Mesi passati a ubbidire ciecamente alle regole ritenute giuste. Semplici.”Stai a casa”.
Nella fase due ci siamo trovati a sentire e fare tutto e il suo contrario. Di giorno in giorno.Tutti schizofrenici e bipolari.
D’altra parte ci sono ancora piccoli focolai, nonostante la curva in declino.
Ma oggi nella fase tre comincia a diffondersi la ribellione. Certamente non nei confronti delle precauzioni sacrosante, dei comportamenti virtuosi. Specie da parte della nostra generazione che non sente certamente la mancanza di movida. O, almeno, non come esigenza primaria.
Dunque i ragazzi vanno compresi. E la maggior parte si comporta osservando le regole. Nonostante alcuni piccoli imbecilli che crescono sempre e ovunque.
Ormai tutti sappiamo di dover convivere con il bachino gelatinoso, come ci racconta Capua.
Ma non si sa per quanto tempo. Inutile insistere e chiedere quando e come si riuscirà a domarlo o a plasmarlo con un vaccino. Nessuno lo sa. Ipotesi su ipotesi, previsioni scritte sull’acqua.
Allora, si alla spiaggia, al mare, al sole, alle stelle, alla luna. Ma niente ballo e sballo sotto le medesime. Sì alla musica ma a basso volume per non turbare quelli che non la gradiscono. In discoteca e fuori.
Perché, il covid ha forse reso più insofferente la gente? Personalmente mi da fastidio la musica ad alto volume, ormai da un decennio, ma non pretendo che al mare, all’aperto, nelle location appropriate, la si abbassi alla bisogna perchè da fastidio a me. Io non vado in quelle location, semplicemente. Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa.
Ma davvero siamo cambiati così tanto?
Sappiamo bene che nulla sarà più come prima, ma certamente non la vita, specie quella dei giovani che non devono pagare merce che non hanno acquistato. Questa allucinante avventura. Che ci ha oppresso per un tempo, se non troppo lungo, troppo intenso. E neppure noi datati, che speriamo di tornare a riveder le stelle, prima della dipartita. Non vi toccate, c’est la vie…
E’ dunque ora di abbandonare quella pigrizia, quasi piacevole, che ci ha avvolto nella fase uno , quella terribile delle rianimazioni e delle bare in coda dai camposanti che non ce la facevano a contenerle tutte.Importante è che la pigrizia non si trasformi in depressione. Hanno sbagliato le terapie? Non me la sento di gettare la croce addosso. A nessuno. Davvero troppo difficile la diagnosi iniziale. Col senno di poi è tutto facile.
Pleonastico è dire che in primis c’è il lavoro , il graduale ma necessario ritorno all’efficienza, il recupero di una condizione vivibile. Anche senza la potenza di fuoco promessa ma non mantenuta dal governo. Abbiamo visto soltanto qualche focherello fatuo. Della serie noi speriamo che ce la caviamo.
Dunque per i giovani musica e movida estiva all’aperto con regole ma senza ossessioni.
Per i grandi la ripresa di una vita quasi serena, con i soliti passatempi, gli hobbies le associazioni, i cori. E il burraco.
Banconote si carte da gioco no. Contagio simile se non identico. Ma per le carte e il gioco con le medesime, mancano linee guida, così si dice. Dunque non si riprende. Pazzesco
Sembra una stupidaggine, rispetto a quello che abbiamo passato, chi più chi meno, ma anche il burrachetto è diventato, per molte persone, generalmente in età avanzata, l’unico passatempo in alternativa alla TV. Un passatempo che giova anche, insieme ai cruciverba di Bartezzaghi, a tenere il cervello in forma. A non fare assopire i neuroni, in una sorta di neurogenesi.
Ma per qualche motivo assurdo, anzi senza motivo alcuno, apparente, il gioco delle carte è proibito. Ma in pubblico beninteso, non i privato perché le carte pubbliche sono covizzate quelle private no. Eppure ormai sappiamo tutti usare il gel antibatterico, lavarsi le mani, sanificare.
Ma le carte no. Certamente facilitano facili passaggi di virus, ma proprio come tutto il resto. Tutto ciò che si tocca e che altri hanno toccato. Basta tenere le mani a posto, usandole solo per passare le carte, non tastarsi naso bocca occhi, come ormai anche gli infanti sanno, protetti comunque dalla mascherina e occhiali. C’è da pensare che Arcuri o chi per lui abbia una idiosincrasia al gioco. E non parlo di gioco d’azzardo ma di semplici partitelle per passare il tempo. Magari non aprire ai tornei, quelli di centinaia di persone, almeno per qualche tempo, dove la circolazione virale potrebbe essere davvero pericolosa.
Infne l’autocertificazione nei ristoranti. Il fine è buono ma non tutti sono dell’umore giusto per essere e sentirsi vessati.
Per altro senza alcun significato dato che chiunque, volendo, potrebbe autocertificarsi come vuole dato che nessuno, privo di una divisa o una facoltà precisa, può richiedere le generalità con il documento. Protezione sanitaria o limitazione della privacy? Rimaniamo nel dubbio. Come di consueto, di questi tempi.
Ma pare che il governo anche su questo, come sul plexiglass fra i banchi, sia ritornato precipitosamente indietro. E, vista la mala parata, ha finalmente deciso di indicare la strada del buonsenso e dell’autodisciplina. Per i cittadini che hanno dimostrato di averne, in fase 1. Fra questi, nelle alte sfere, e i complottisti non saprei chi scegliere. Ne infilano una via l’altra. Gettano il sasso e ritirano la mano.
Insomma, riprendo quel che ho detto sopra. Troppe regole assurde possono ottenere l’effetto contrario. Lo dice una che le regole le rispetta. Figuriamoci i ribelli cronici.
Alcuni commenti di amici, di varia estrazione.
“Se la destra in questi anni non si fosse opposta alla moneta elettronica, oggi più serenamente avremmo anche potuto prevedere la sospensione dell’uso dei contanti, almeno per un periodo”.
Autocertificazione al ristorante . “A me ieri, dopo aver pagato, prima di uscire, mi chiedono di mettere nome, telefono e firma. Il tizio senza guanti mi dà la stessa penna che usava lui per i conti e che usavano tutti quelli che firmavano l’autocertificazione. Un bel sistema direi per accertarsi che tutti i suoi clienti condividano il Covid”
“Di sicuro so che finché restano queste misure, la cena al ristorante, almeno per me, è esclusa. La “cena fuori” (a meno che non si tratti di cena di lavoro) è per me sinonimo di relax e se è appesantita da procedure burocratiche e securitarie cessa di esser relax. Perciò, attendo che si possa fare una cena, come si deve”.
Non è proprio l’atteggiamento e i comportamento migliore per la “rinascita” dell’economia.
Carla Ceretelli
Maurizio Andorlini
approfondimenti sempre “di contenuto”, che leggo sempre molto volentieri e, in genere, condivido convinto.