Lecco – Quella industriosa città si affaccia da sempre “…in quel ramo del lago di Como che vien, quasi a un tratto, a restringersi, e a prender corso e figura di fiume…”.
La città conserva i luoghi dove Alessandro Manzoni ambientò i Promessi sposi” fra la sponda di Lecco ed il lago di Garlate, collegati dal grande fiume Adda, territorio in cui è ambientato il fascinoso romanzo. Il Manzoni non intendeva descrivere elementi reali ad eccezione di alcuni luoghi storicamente certi come il convento di Pescarenico di Fra Cristoforo, la rocca dell’Innominato a Vercurago, la casa di Lucia.
Tutto comincia in una stradicciola di montagna: “ …tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno sette novembre dell’anno 1628 don Abbondio…”. Era appena uscita la prima edizione del romanzo che già si cercavano i luoghi in cui in cui s’incardinava il romanzo. Don Lisander a chi gli chiedeva spiegazioni si trincerava dietro un misterioso riserbo. Allora anche noi abbiamo deciso di saperne un poco di più sulle peripezie esistenziali di Renzo e Lucia, di Don Abbondio, di Fra Cristoforo, dell’Innominato, insomma dei personaggi chiave che hanno dato vita al romanzo. Incominciamo col visitare il “Caleotto”, oggi villa Manzoni. E’ ancora un bell’edificio che si trova al numero 7 di via Guanello a Lecco e che conserva importanti cimeli manzoniani contornati in ambienti con arredi originali di due secoli fa. Al piano terra vivono la cucina, la sala da pranzo, uno spazioso salone, un cortile porticato. Al primo piano le camere da letto; ora è ospitata la pinacoteca comunale. Dalle finestre della villa si possono ammirare i monti che chiudono alle spalle Lecco, col profilo inconfondibile del “Resegone dai molti cocuzzi in fila, che invero lo fanno somigliare ad una sega…” Nel 1630 “…Lecco, borgo già considerabile, che s’incamminava a diventare città…” contava poco più di seimila abitanti. Erano fabbri, filatori di seta, mercanti, pescatori e abili manifatturieri di metalli ferrosi. Attorno si stagliavano i paesi di Pescarenico, Maggianico, Olate, Acquate. In uno di questi due ultimi paeselli vivevano Renzo e Lucia entrambi attivi come filatori di seta in una manifattura del posto. Al numero 27, ove è attiva un’osteria, si vuole abitassero Agnese e Lucia Mondella. Dalla salita “dei Bravi” si scende verso Olate macchiettata di villette civettuole. Al numero 19 di via Caldone ci attende una casetta in “odore” di Agnese e Lucia che dopo il bussare sommesso di Renzo, per vie traverse raggiunsero di soppiatto la canonica per estorcere le nozze al pavido curato. Proseguendo in salita per la via si giunge alla vecchia chiesa parrocchiale di Olate che corrisponde alla descrizione del romanzo. Qui avvenne il parapiglia in canonica “Perpetua, tradimento, aiuto” grida stravolto Don Abbondio. Mentre Renzo e Lucia sfuggono ai bravi cercando protezione nel convento di Pescarenico… un gruppetto di case abitate la più parte di pescatori. Il convento era situato in mezzo alla strada che da Lecco conduce a Bergamo. Oggi Pescarenico è un quartiere molto animato ben lontano dalla quiete del tempo descritto dal romanzo, resta però l’antico convento abitato dai Cappuccini fino agli editti napoleonici del 1798. Il portone di quell’antico convento “…s’aprì a Renzo e dallo spiraglio apparve la faccia pallida e la barba di Fra Cristoforo”. Il frate consigliò Renzo di recarsi a Milano dai Cappuccini di Porta Orientale, mentre Agnese e Lucia sarebbero state condotte a Monza nel monastero di Gertrude.
Lasciamo Pescarenico non senza lanciare uno sguardo laddove sorgeva il turrito palazzotto di Don Rodrigo che fece rabbrividire Lucia. Il severo edificio si è creduto di identificarlo a Olate in via Luera di fronte a via Bellavista, dove oggi sorge villa Salazar.
Alla notizia della fuga di Renzo e Lucia, Don Rodrigo incaricò un uomo senza scrupoli, l’Innominato, di occuparsi della loro cattura. Costui abitava in una rocca posta sulla cima di un poggio a sette miglia circa da Don Rodrigo. Da lassù si domina il reticolo di strade di tutto il territorio sottostante. Questo aspro sito lo si trova a Vercurago da dove si sale al vistoso e celeberrimo santuario di Gerolamo Emiliani in Somasca e poi per la rocca, percorrendo una strada per una mezz’ora laddove a quel tempo era indicato il confine tra la Serenissima di Venezia ed il potente Ducato di Milano. Gerolamo Emiliani era il protettore degli orfanelli e il fondatore dei “Martinitt”. In questo solitario luogo avvenne il colloquio tra il Cardinale Federico Borromeo e l’Innominato che di fronte all’uomo di Fede si levò il cappello chinando quella fronte tanto carismatica.
E le sofferte strade percorse da Renzo e Lucia finalmente s’incontreranno lontano dalle tormentate terre del lecchese con quelle della grande Milano, capitale del Ducato ove il coinvolgimento seguirà un tracciato diverso ed ancora sofferto per via della funesta peste che avvolse la città in un sudario di dolore indicibile e di morte. Appunto a Milano nella zona centrale di Porta Venezia, in Corso Buenos Aires numero 1, sorge il palazzo Luraschi di fine Ottocento che conserva nel suo androne un sorprendente ricordo del capolavoro di Don Lisander attraverso i suoi principali personaggi. L’armoniosa corte ospita dodici busti scolpiti allineati sul cornicione che rappresentano altrettanti personaggi dei “Promessi sposi”: Lucia – Renzo – Padre Cristoforo – Agnese – Don Rodrigo – il Cardinale Federico Borromeo – L’Innominato.
Un inaspettato e sorprendente omaggio al patrimonio di storia milanese e lecchese.
Osmano Cifaldi
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