Andiamo “in stampa” proprio oggi, lunedì 20 gennaio 2020, giorno di inaugurazione ufficiale della candidatura di Eugenio Giani alla guida della Regione per i prossimi 5 anni. Vale a dire, ci scommettiamo 1 fiorino granducale con chiunque, per i prossimi 10…
L’appuntamento è dunque al Circolo Culturale di San Miniato, sua città natale. Quella San Miniato che l’imperatore italo-tedesco Federico II volle dotare di una rocca dalla cui torre si scorgono le terre di 9 province toscane su 10. E questo sembra già un discreto viatico beneaugurante.
“Idee e obiettivi per la Regione” così titola la manifestazione che Giani, il PD e tutto il centrosinistra toscano unito hanno voluto per l’apertura della campagna elettorale. Una regione vasta, con territori e ambiti socioeconomici e geografici assai diversi tra di loro, che ha un assoluto bisogno di un buon governo che ne rilanci le caratteristiche di punta e le eccellenze (che sono vivaddio tante) e che riesca a superare un certo campanilismo da straprovincia che è uno dei suoi difetti. Anche Enrico Rossi alla fine, ha superato le sue note e iniziali riserve. Una buona cosa.
Oltre ai campanili, non è stato facile nemmeno mettere politicamente (quasi) tutti assieme, quel famoso centrosinistra (senza trattino) così frammentato, spesso litigioso, ancora incapace (fanalino di coda in tutto l’occidente) di trovare una quadra stabile, coesa e duratura. Clausola indispensabile ma non sufficiente a dare all’elettorato un punto di riferimento forte, ben riconoscibile e dai connotati europei e internazionali certi.
Naturalmente ci sono sempre i più puri (che spesso in Italia si sono epurati da soli) che vorrebbero epurare tutti gli altri perché antropologicamente diversi e migliori, quasi “paradigmaticamente” superiori. Una élite marxista-leninista che sarà guidata da Tommaso Fattori a cui si unirà con molta probabilità Potere al Popolo. Una “punta di diamante” che di solito finisce per fare gl’interessi del nemico dichiarato, il grande capitale. Se non ci fossero, qualcuno li inventerebbe…
Intanto mentre scriviamo (19 gennaio) ricorre l’anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, figura certo ancora controversa sul piano storico, ma non certo su quello politico. Lasciamo a quelli che credono che la storia si faccia con le sentenze dei tribunali, altri tipi di valutazione. Fa certo piacere che esponenti del PD quali il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il capogruppo al Senato Andrea Marcucci ne abbiano ricordato le vicende politiche e quelle alla guida del paese , così come ha fatto anche Matteo Renzi, tutti concordi sull’evidenza che la storia di Craxi appartenga a pieno titolo a quella della sinistra italiana ed europea.
Sul fronte del centrodestra invece, la nebbia è ancora fitta e mentre Salvini annunciava trionfante che a novembre 2019 si sarebbe presentato il candidato presidente, adesso fanno sapere che il nodo verrà sciolto dopo le elezioni in Emilia Romagna. Segnali evidenti di una debolezza mascherata quotidianamente dal disco rotto degli aggressivi e muscolari annunci mediatici. Una scombicchierata e ripetitiva filastrocca dai toni patetici e dalla trama infantile, tipica di chi non ha argomenti veri.
Come se Meo Patacca si fosse messo in testa di riscrivere la Divina Commedia.
I toscani questa volta non ci cascheranno.
Alessandro Silvestri
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