Non sempre è vero il detto “Nemo propheta in patria”: alla faccia dei faziosi nizzardi che storcono la bocca per la presenza di Beatrice Venezi sul podio del concerto di Capodanno e di qualche quotidiano locale in vena di denigrazione, alla direttrice d’orchestra lucchese è stato dato l’onore e onore di inaugurare con un grande concerto in Piazza Napoleone a Lucca le celebrazioni per il centenario della morte di Giacomo Puccini.
Classe 1990, Beatrice Venezi si diploma in pianoforte nel 2010 sotto la guida di Norberto Capelli all’Istituto Superiore di Studi Musicali Rinaldo Frani di Siena e in direzione d’orchestra al Conservatorio musicale Giuseppe Verdi di Milano con Vittorio Parisi, dopo aver studiato anche con Pietro Bellugi.
È stata assistente direttore dell’Armenian State Youth Symphony Orchestra, direttore principale ospite dall’ Orchestra della Toscana e direttore principale dell’Orchestra da Camera Milano Classica.
Il 17 novembre 2022 è stata nominata consigliere per la musica dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e questo, molto probabilmente, come purtroppo succede nel nostro Paese ha creato una serie di ingiustificati pregiudizi ed una neppure troppo sottile maldicenza, mettendo in discussione persino le sue oggettive capacità professionali come dimostrano i numerosi riconoscimenti ottenuti ed una carriera fino ad oggi più che onorevole.
Transeat. Del resto lei stessa, che poco si cura di queste cose, cammina a testa alta e con determinazione sulla strada della grande musica.
Inaugurare le celebrazioni per il centenario della morte di Giacomo Puccini proprio nella città che ha dato i natali al grande compositore è certamente un prestigioso riconoscimento alla sua professionalità, farlo con l’Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova e con tre grandi voci come quelle di Carmen Giannattasio soprano, Marco Berti tenore, Massimo Cavalletti baritono è certamente un grande piacere come ha ampiamente dimostrato nel corso della serata.
A porgerle il saluto, oltre al Sindaco di Lucca, Mario Pardini, c’era anche Alberto Veronesi, presidente del Comitato Promotore delle Celebrazioni Pucciniane nominato dal presidente del Consiglio Mario Draghi.
Visibilmente emozionato, il Maestro Veronesi ha sottolineato l’importanza di questo primo appuntamento che aprirà un lungo anno, quello del 2024, dedicato a Puccini, alla sua musica e ai luoghi a lui cari, primo fra tutti la su città natale e poi via via gli altri: la sua dolcissima Torre del Lago (“Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, vas spirituale, reggia … abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare, popolate di daini, cignali, lepri, conigli fagiani beccacce, merli, fringuelli. Padule immenso. tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona d’estate, splendida primavera e autunno. Vento dominante, di estate il maestrale, d’inverno il libeccio. Oltre i 120 abitanti sopradetti, canali navigabili, capanne di falasco, ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni…”), Viareggio, Celle e poi Milano, la sua città dove prima studente e poi compositore, ha vissuto momenti indimenticabili.
Il grande palco dove da anni si svolge il Summer Festival è stato messo a disposizione per questa attesissima serata dagli organizzatori di queste grandissima kermesse estiva che vede ogni anno artisti internazionali esibirsi in indimenticabili concerti, il supporto operativo del Teatro del Giglio di Lucca è stato un prezioso aiuto; migliaia le persone che hanno fatto richiesta di partecipare (il concerto è stato a ingresso gratuito) tanto che l’organizzazione si è vista costretta, a 24 ore dal concerto, di mettere a disposizione ulteriori 1000 ticket di ingresso.
Un sold out graditissimo e le scuse per coloro che non hanno potuto partecipare per limiti di capienza della piazza: “Ci saranno moltissime altre occasioni per condividere insieme la musica di Puccini” ha detto il Sindaco ringraziando i presenti.
Il concerto, iniziato con l’Inno nazionale di Mameli e tanta emozione anche da parte della Venezi tornata nella sua Lucca, ha visto alternarsi pagine strumentali con romanze tratte da alcune delle opere di Puccini.
Si inizia con il Capriccio Sinfonico, scritto dall’allora ancora studente Giacomo Puccini: “In Puccini c’è un deciso e rarissimo temperamento musicale, specialmente sinfonista. Unità di stile, personalità, carattere. Nel suo Capriccio sinfonico c’è tanta di questa roba, come ben pochi ne hanno tra i compositori più consumati nelle prove d’orchestra e dei concerti […] Non ci sono né incertezze, né cincischi, e il giovane autore, preso l’aire, non si smarrisce, non va fuori dal seminato. Le idee sono chiare, robuste, efficacissime, sostenute da molta verità, da molta arditezza d’armonia“. Così scrive il celebre critico musicale Filippo Filippi in una recensione apparsa sulla rivista “Perseveranza” del 15 luglio 1883
E con grande sensibilità, Beatrice Venezi rende perfettamente queste emozioni rilevate dal critico in quegli anni, coadiuvata da un’eccellente orchestra di 80 elementi capace di seguire con passione ogni indicazione che la direttrice suggerisce con movimenti morbidi quasi da danzatrice.
E’ poi la volta di Tosca: dalle atmosfere maliziose del primo atto nel suggestivo duetto Mario-Tosca a quelle più intense e drammatiche del secondo che sfociano nella celeberrima Vissi d’arte, per giungere all’accorato E lucean le stesse e poi a quel O dolci mani e di seguito il sogno e la speranza di una nuova vita, liberi e felici (“Amor che seppe a te vita serbare,ci sarà guida in terra, e in mar nocchier… e vago farà il mondo riguardare. Finché congiunti alle celesti sfere dileguerem, siccome alte sul mare a sol cadente nuvole leggere!...”) , ma, come dice Tosca “Ma prima… ridi amor… prima sarai fucilato – per finta – ad armi scariche… Simulato supplizio”.
Da Tosca al meraviglioso intermezzo della Manon Lescaut, per poi affrontare l’intermezzo di Butterfly, commovente nella sua struggente e dolorosa attesa per un ritorno tanto desiderato.
E poi un tuffo nel trittico: Tabarro e le sue gotiche atmosfere in alcune delle sue pagine più belle, Suor Angelica con il suo delicatissimo intermezzo, e Gianni Schicchi con l’indimenticabile O mio babbino caro a cui è seguito un travolgente Era uguale la voce. A conclusione, l’immancabile e attesissimo Nessun Dorma dalla Turandot.
Dell’orchestra abbiamo detto quanto ha saputo interpretare quelle pagine pucciniane con amore e professionalità: la sua storia inizia nei primi anni del ‘900 e la sua attività sinfonica e operistica, che neppure i bombardamenti del ’43, con la distruzione dell’antico teatro Carlo Felice, sono riusciti a interrompere, è da allora continuativa. Si afferma fra le realtà prominenti del panorama nazionale, distinguendosi per qualità e versatilità ed è presente in manifestazioni di grande prestigio esibendosi in importanti sedi nazionali e internazionali.
Circa le voci, non possiamo che apprezzarne le caratteristiche che hanno fatto di quelle romanze pucciniane piccoli gioielli. Tra tutte, però, spicca quella del baritono Massimo Cavalletti, anch’egli lucchese, che ha iniziato i suoi studi vocali con Graziano Polidori prima di frequentare l’Accademia della Scala di Milano, dove ha perfezionato la sua tecnica vocale con Luciana Serra.
Un fuori programma ha concluso questa magnifica serata. Quando gli applausi, lunghi e calorosi, hanno a più riprese acclamato gli interpreti per poi richiamarli sul palco dopo che se ne erano allontanati, Beatrice Venezi ha annunciato un inedito e certamente inatteso brano aggiuntivo al programma: “Vi propongo un brano che, ingiustamente, è stato troppo a lungo relegato ai margini della produzione pucciniana. L’inno a Roma è un inno patriottico dedicato alla città di Roma scritto da Fausto Salvatori nel 1918 riprendendo il Carmen saeculare di Orazio, per celebrare la vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale. È stato il sindaco di Roma, Prospero Colonna, a chiedere a Giacomo Puccini di crearne una composizione musicale completa cosa che fece in breve tempo. Un brano, quindi, che non ha nulla di ideologico né di politico. Un testo che inneggia a valori e principi condivisibili. Spero che l’esecuzione di questo brano sia un invito per il Paese a riconciliarsi con la propria memoria storica – ha detto Venezi – e che l’arte e la cultura tornino al centro al di là delle posizioni politiche”.
Ahimè, al contrario di quanto da lei auspicato, di privilegiare l’aspetto musicale su quello politico non sembra essere stato condiviso da tutti: unicamente perché, durante il regime fascista, divenne molto popolare una versione solista interpretata da un famoso tenore dell’epoca, Beniamino Gigli, e dopo divenne l’inno del MSI, il canto, un tempo famosissimo, cadde nell’oblio. E in quell’oblio anche una parte del Comitato per i festeggiamenti avrebbe voluto lasciarlo.
“Questo è stato detto all’interno del comitato per le celebrazioni pucciniane. – sostiene Beatrice Venezi – Sono stati loro (il sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, quello di Pescaglia, Andrea Bonfanti, e il presidente della Provincia, Luca Menesini, assenti al concerto. ndr) a sollevarlo all’interno del comitato, visto che quando avevo presentato il programma nessuno aveva detto niente a riguardo, fino a che loro non hanno insistito. Loro dovrebbero tutelare la musica di Puccini fuori da qualsiasi lettura ideologica. Se si legge il testo di questo inno non c’è alcun riferimento ideologico, nessuna apologia del fascismo, non c’entra nulla. Anzi dovrebbero essere i primi a dire ben venga, anche per riposizionare un brano nel suo contesto originale, visto che fu scritto per celebrare la fine della Prima guerra mondiale”
E alla domanda se non fosse stato più opportuno evitarlo, ancora una volta la risposta è stata ferma e determinata: “Questa polemica è frutto dell’ignoranza e basta, è l’unico termine che mi viene in mente. Se vogliamo combattere l’ignoranza, questo è il miglior servizio che possiamo rendere a Puccini e alla sua musica”.
Del resto, come ha detto esplicitamente quando ha presentato il brano: “Non posso accettare censure e credo che neanche Puccini le avrebbe accettate”.
Nessuna contestazione da parte dei 5000 presenti, sono applausi e ancora applausi alle voci che l’hanno cantato, all’orchestra che l’ha superbamente suonato e al coraggio di una donna che crede ancora sia possibile vincere i fantasmi di un passato troppo spesso evocati unicamente per strumentali scopi politici.
Credo giusto, proprio per fugare ogni pensiero, riportare a conclusione di queste considerazioni il testo dell’inno, ricordandone l’anno di realizzazione, 1918, l’anno in cui l’Italia usciva vincitrice da una terribile guerra che aveva visto il coraggio di tanti uomini che avevano creduto nel valore della difesa della patria.
INNO A ROMA
«Roma divina, a te sul Campidoglio,
dove eterno verdeggia il sacro alloro,
a te, nostra fortezza e nostro orgoglio,
ascende il coro.
Salve Dea Roma! Ti sfavilla in fronte
il Sol che nasce sulla nuova storia;
fulgida in arme, all’ultimo orizzonte
sta la Vittoria.
Sole che sorgi libero e giocondo
sul colle nostro i tuoi cavalli doma;
tu non vedrai nessuna cosa al mondo
maggior di Roma, maggior di Roma!
Per tutto il cielo è un volo di bandiere
e la pace del mondo oggi è latina:
il tricolore svetta sul cantiere,
su l’officina.
Madre che doni ai popoli la legge
eterna e pura come il sol che nasce,
benedici l’aratro antico e il gregge
folto che pasce!
Sole che sorgi libero e giocondo
sul colle nostro i tuoi cavalli doma;
tu non vedrai nessuna cosa al mondo
maggior di Roma, maggior di Roma!
Benedici il riposo e la fatica
che si rinnova per virtù d’amore,
la giovinezza florida e l’antica
età che muore.
Madre di uomini e di lanosi armenti,
d’opere schiette e di pensose scuole,
tornano alle tue case i reggimenti
e sorge il sole.
Sole che sorgi libero e giocondo
sul colle nostro i tuoi cavalli doma;
tu non vedrai nessuna cosa al mondo
maggior di Roma, maggior di Roma!»
Stefano Mecenate
VITTORIANO VINCIGUERRA
è evidente che Info Stefano Mecenate non si intende di direzione d’orchestra
VITTORIANO VINCIGUERRA
è evidente che Info Stefano Mecenate non sa di direzione d’orchestra
VITTORIANO VINCIGUERRA
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