Tra Maradona e Napoli c’è stata una fusione. Una fusione “a caldo” anzi rovente. Maradona è divenuto Napoli e Napoli è divenuta Maradona. Come è potuto avvenire?
Attraverso le vittorie sul campo di calcio Maradona ha riscattato Napoli. Ha fatto miracoli come San Gennaro. Lui, un Argentino dei quartieri poveri di Buenos Aires, una “cabecita negra”, è divenuto scugnizzo ed è assurto a re dei quartieri spagnoli e della Napoli intera dove sotto la sua immagine ormai la gente accende i lumini. E Maradona santo è, alla napoletana. Trasgressivo attraverso la cocaina e l’amicizia coi camorristi e i figli avuti da donne diverse; pulcinellesco alla Totò; senza una vera famiglia se non i suoi tifosi; generoso; amante degli eccessi anzi del barocco, e il barocco è lo stile normale dei Napoletani; cultore dell’amicizia; vicino ai semplici, ai poveri e ai devianti; fisicamente improbabile perché un po’ tracagnotto, ma capace d’incredibili magie fisiche come un beffardo “munaciello”, il piccolo monaco dispettoso della superstizione e del paganesimo napoletani. È riuscito, pur milionario, ad essere il rappresentante ideale dei poveri del terzo mondo del pianeta, compreso il terzo mondo partenopeo. L’amicizia con Castro lo ha fatto assurgere a simbolo dell’anti establishment planetario e a nemico della globalizzazione e dell’omologazione all’americana.
Mi metto all’ascolto di “Forza Napoli!”, inno “tragico-gioioso” dei tifosi della squadra azzurra, e mi commuovo. E dire che non mi interesso di calcio. Ma amo la squadra del “Ciuccio fa’ tu” per ciò che essa rappresenta per i Napoletani, verso i quali provo simpatia e lealtà ed anche affetto. Mai dimenticherò la maniera in cui noi profughi Giuliani fummo accolti da loro nel dopoguerra. Che differenza con l’accoglienza che ricevemmo invece dai Veneziani…
Su poche città al mondo si riversa da secoli un tale flusso di amore e di voci e di sentimenti come su Napoli. Che si pensi alle canzoni. Ma più che luogo fisico, afflitto ormai da tanti mali, Napoli è un’aspirazione di bellezza, di generosità, di vivezza di spirito, di umanità, di fantasia, d’ingegno… Ed è suscitatrice di un grande rimpianto per ciò che questa ex capitale di un Regno, nella quale di notte si aggirano i fantasmi del suo passato, avrebbe potuto essere…
Maradona, il vincitore – la città delle sconfitte storiche ama i vincitori – ha dato l’illusione che l’atteso riscatto per Napoli stesse per giungere. Se non altro sul campo da gioco, dove il “Pibe de oro” ha fatto veramente miracoli.
La passionalità su Napoli raggiunge un livello sconosciuto ad altre città. “Napoli è stata tradita dagli uomini” è un tema ricorrente, quasi che Napoli fosse una creatura vivente alle cui speranze gli uomini sono venuti meno, tradendola. Ma Maradona non l’ha mai tradita. Un merito immenso. E così il funambolico, inclassificabile, improbabile personaggio Maradona si è aggiunto ai grandi personaggi che alimentano il corpo mitico e mistico di Partenope, fatto di pagine storiche, leggende, racconti, aneddoti…
In Totò abbiamo, nello stesso uomo, la sintesi e la conciliazione dei due poli imprescindibili di questa città. Essi sono “miseria e nobiltà”, ossia la sconfitta e la vittoria, il mondo dei miserabili e quello dei “signori”. Da un lato, c’è l’Antonio de Curtis dominato dall’ansia di appartenere alla nobiltà e divenuto infine “principe di Costantinopoli”. E dall’altro c’è il Totò “principe dei poveri” rimasto fedele alla sua gente.
E dopo di lui è venuto Maradona, questo “Napoletano carnale” ma d’adozione, sintesi di “miseria e nobiltà”: “cabecita negra” e scugnizzo divenuto principe del calcio, celebrità mondiale, milionario. Un vincitore. E con la morte, Maradona è entrato, così come fu per Totò, nel corpo mitico e mistico di Partenope, città-mondo, luogo di nostalgie e di rimpianti, eterno teatro. E patria ideale di tanti di noi.
Claudio Antonelli (Montréal)
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