L’estate è propizia per fare un passo avanti nella conoscenza della storia. È quanto annualmente propone il Concerto di Ferragosto dell’orchestra cuneese intitolata al violinista e compositore Antonio Bartolomeo Bruni (1751-1821). Il musicista e musicologo Giovanni Mosca ne ricordò figura e opere in “CN, Provincia Granda” curato da Luigi Botta e Franco Collidà (ed. Grandapress). Allievo di Gaetano Pugnani, migrato in Francia, che già all’epoca offriva spazi più ampi agli italiani di talento, già entusiasta degli ideali dell’Ottantanove nell’età napoleonica Bruni ascese a direttore d’orchestra dell’Opéra Comique e dell’Opéra Bouffe. Autore di inni alla Libertà e di commedie in musica di durevole successo, deluso dalla Restaurazione di Luigi XVIII nel 1816 si rifugiò nella villa “La Magnina”. Da lì contemplava la nativa Città dei Sette assedi, coscio che al mondo tutto passa e quasi orma non lascia. Lo aveva bene appreso quando si fece iniziare massone a Parigi e, come si legge nella “Storia di Cuneo, 1700-2000” (ed. L’Artistica, Savigliano, 2002), lo confermò in precedenti incursioni a Cuneo, ove, già col grado di “compagno”, venne solennemente ricevuto nella loggia “Heureuse Union” di Cuneo, che aveva membri onorari due generali e fratelli effettivi decine di alti ufficiali, sindaci, funzionari, il pittore Louis Pellegrino, il quartier mastro della Gendarmeria e, appunto, il “professeur de musique” Barthélémy Bruni. Essi si aggiunsero a Carlo Falletti di Villafalletto e a Charles Jubé, comandante del 53° squadrone di gendarmeria, acquartierato a Torino, fondatori dei “Maçons Réunis” di Cuneo, già iniziati alla “Réunion” di Savigliano, forte di oltre 150 affiliati, notabili italo-francesi del Dipartimento della Stura, crocevia d’Europa incorporato come tutto il Piemonte e la Liguria nell’Impero napoleonico. Nel 1810 Bartolomeo Bruni venne affiliato anche alla “Parfaite Union” di Cuneo, ove sedette “tra le colonne” in compagnia di due sacerdoti, Jean Fea, nativo di Peveragno, e di André Dho, del tutto indifferenti alla “scomunica”. Parenti di Napoleone e maggiorenti dell’impero erano notoriamente massoni.
Quegli anni convulsi furono anche segnati dal fervore delle arti e dall’avvento dell’Uomo Nuovo, fondato sul “Codice Napoleone”, su piani regolatori per liberare la vita cittadina dalle soffocanti e ormai inutili mura, sulla pubblica istruzione e sull’illusione che ogni nuova guerra sarebbe stata l’ultima e ne sarebbe scaturita la pace perpetua non solo tra i popoli ma anche tra l’Uomo e la Natura, un piede nel neopaganesimo, un altro nelle Scienze.
La storia continuò a strappi e a zig-zag, come in passato. Fu comunque l’epoca in cui i Grands Tours da privilegio dell’aristocrazia divennero comuni per uno stuolo di militari, burocrati, artisti e docenti che, tra logge e altre società segrete, cercavano di leggere il futuro rovistando nel passato. Segnarono una svolta positiva nella civiltà di un’Italia sempre più europea e universale, come, libera dal gravame del potere temporale, dopo il 1870 tornò a essere la Chiesa di Roma.
Aldo A.Mola
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