Non c’è un errore nel titolo, ma la riproduzione della letterale e simpatica gaffe della nostra Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in apertura della conferenza stampa tenuta lo scorso 23 luglio, al termine della conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni.
La Premier, nei ringraziamenti di rito, manifesta la ripetuta difficoltà nel pronunciare il cognome del Ministro degli Esteri (Tajani), sopraffatta da una sorta di “animus pugnandi”, tipico di chi ha sempre la postura incontrista, da comizio ( “ italiani! “), pronto al combattimento, alla disputa, insomma di chi mantiene uno stato di tensione costante, anche quando non servirebbe, almeno in apparenza e in quella circostanza istituzionale, solitaria. Ma è solo apparenza, perchè, traspare la tensione del suo conflitto interiore, tra la Meloni premier e Giorgia leader di FDI degli anni scorsi.
L’argomento è serio, come molto seria e preparata – va ricordato – è la struttura del nostro apparato diplomatico a servizio del Governo, apparato storicamente noto e apprezzato sullo scenario internazionale per l’esperienza e soprattutto per la competenza.
Bene lo sforzo di affrontare il tema “mediterraneo”, materia estremamente delicata, per la sua oggettiva complessità; ma è una materia particolarmente sensibile per questo governo, che ha fatto della paura dei cittadini per le emigrazioni di masse di disperati, la principale carica di energia sprigionata nelle competizioni elettorali degli ultimi anni.
La Meloni in questi mesi finalmente si è resa conto della complessità del fenomeno migratorio. E’ proprio lei ad ammetterlo quando afferma: “girando molto in questo mesi mi sono resa conto, ancora di più, del ruolo fondamentale che l’Italia può giocare nel mediterraneo, con l’Africa con l’oriente che sono il nostro ieri, il nostro oggi e lavoriamo perchè sia anche il nostro domani” (ma guarda un pò!).
La presidente pone l’accento sull’approccio cooperativo e non predatorio che l’Italia ha sempre avuto rispetto al continente africano che, per la sua posizione geografica, vede il nostro Paese come il ponte verso l’Europa (è sparito dalla scena il blocco navale).
La palpabile tensione trova sfogo in uno slogan coniato per l’occasione: “processo di Roma”.
Si tratterebbe di un nuovo corso, che la Presidente del Consiglio ha definito “…. un nuovo percorso, inclusivo di cooperazione, perchè finalmente gli Stati partecipanti avrebbero compreso che non possono pensare solo ai loro interessi ma che si devono individuare convergenze. Un lavoro lungo, “pluriennale per lo sviluppo”
E’ cambiata radicalmente la narrazione di Giorgia sul tema delle migrazioni.
Dall’opposizione, leader di una forza nazionalista-conservatrice, la Meloni con facili slogan che hanno attirato l’attenzione e il consenso di qualche milione di persone, con il “prima gli italiani”, “l’appello ai patrioti” e simili, diventati hashtag caratterizzanti, oggi ha corretto a 180 gradi, quasi, la sua posizione e ha adeguato la narrazione.
Adesso Giorgia registra “….l’urgenza di comprendere le cause delle migrazioni, che sono multiformi, paese per paese” e, naturalmente, si pone l’obiettivo definito prioritario di fermare le reti di trafficanti. Ma aggiunge esplicitamente la ferma volontà di promuovere percorsi sicuri e legali, migliorare le procedure di asilo, per aiutare chi scappa dai Paesi per la guerra e per terrorismo, per i quali bisogna rispettare il diritto internazionale,
Alla conferenza internazionale la Meloni ha ottenuto la partecipazione di Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione Europea, coinvolta per condividere un programma di finanziamenti adeguati a raggiungere obiettivi comuni.
E’ un fatto molto positivo, non c’è dubbio.
Ma non possiamo non sottolineare che alla prova del Governo, anche sull’Europa, Giorgia Meloni cambia radicalmente posizione. Un tempo, fino a qualche anno fa, gonfiava il petto di Roma, voleva uscire dall’Euro, adesso, invece, il ruolo dell’Europa è diventato centrale per innescare un processo di sviluppo cooperativo.
A questo punto si potrebbe dire che solo gli scemi non cambiano idea, ma non può essere sufficiente. Bisogna spegnere il cervello per non comprendere che si sta affermando, come consuetudine nelle democrazia nazional-populiste, la prassi menzognera fondata sulla cultura della ricerca del consenso, fine a se stessa, ben descritta nel brano pop di Fabri Fibra: “propaganda, propaganda, la risposta ad ogni tua domanda”.
Purtroppo è questo il tono che mantiene la premier durante l’intera conferenza stampa (registrata e visibile sul suo profilo facebook), caratterizzata dalla continua ricerca di un confronto con il passato, come se il coniato “processo di Roma” fosse davvero un “quid novi”, un attivismo internazionale mai praticato prima nella storia della Repubblica. Narrazione che i socialisti italiani sanno bene non corrispondere al vero.
Livio Valvano
(da “Avanti Online”)
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