Dovremo aspettare il 29 luglio, data della prima replica della Bohème con la regia di Christophe Gayral e le scene di Christophe Ouvrad che tanto ha fatto parlare di sé in questi giorni, per vedere se davvero la Fondazione Festival Puccini metterà in pratica la scelta di “sollevare dal suo incarico” di direttore d’orchestra il M° Alberto Veronesi, “reo” di aver contestato la regia di quest’opera manifestando il suo disappunto dirigendo con una benda sugli occhi.
Crediamo doveroso dar voce ad Alberto Veronesi per conoscere il suo punto di vista e, se possibile, capire meglio le ragioni della sua contestazione.
Da parte nostra, non possiamo che confermare quanto abbiamo scritto nella recensione pubblicata su Pensalibero: al di là della dubbia opportunità di ambientare l’opera nel ’68 francese, riteniamo che il regista abbia in più occasioni stravolto lo spirito della Bohème così com’era chiaramente espressa nel libretto e nella musica, scegliendo arbitrarie soluzioni che ne mortificano la narrazione e che stravolgono il senso dell’opera stessa.
Ad abundantiam, lo spreco di pugni chiusi sul palcoscenico e di grottesche esibizioni di cortei di “tradizionalisti”, ci sono sembrate solo un patetico esibizionistico esercizio di professione politica e ideologica che, nell’economia dell’opera, poteva essere risparmiato.
Presentiamo intanto, per chi non lo conoscesse, chi è Alberto Veronesi:
Figlio di Umberto Veronesi, Alberto Veronesi ha studiato al Conservatorio G.Verdi di Milano pianoforte con Ely Perrotta, composizione con Renato Dionisi e Adriano Guarnieri, direzione d’orchestra con Gabriele Bellini. Diplomatosi, nel 1992, fonda l’Orchestra Cantelli di Milano, divenendone direttore artistico e musicale.
Nel1996 con l’Orchestra Cantelli debutta al Festival di Pasqua (Osterfestspiele) di Salisburgo, su invito di Claudio Abbado. Nel 1998 fa il suo debutto operistico alla Brooklyn Academy of Music dello Spring Festival di New York con la direzione del Falstaff di Salieri. L’anno successivo debutta a Milano al teatro Alla Scala.
Dal 1998 è iniziata la lunga esperienza come Direttore Artistico e Musicale della Fondazione Festival Puccini di Torre del Lago, di cui è stato anche Presidente.
Qui ha diretto più volte tutte le Opere del Maestro Giacomo Puccini, e qui è stato tra i protagonisti per un ventennio di quella “Puccini renaissance” che ha portato gradualmente il Maestro lucchese ad essere insieme a Verdi il più eseguito autore operistico nel mondo.
Nel 1999 riceve il Premio Koch per la registrazione del Falstaff di Salieri.
Nel 2000 debutta a Firenze al Maggio Musicale Fiorentino e l’anno dopo viene nominato direttore artistico e musicale della Orchestra Sinfonica Siciliana di Palermo. In questo anno inoltre dà risalto al XX secolo di musica sinfonica italiana e sviluppa un programma dedicato alle opere contemporanee.
Nel 2002 debutta al Tel Aviv Opera Theatre con l’Andrea Chenier. L’anno successivo la sua produzione de La Boème al Festival Puccini si aggiudica il Premio Abbiati assegnato dalla critica italiana Music Association. Nel 2004 dirige alla NHK di Tokyo Madama Butterfly, opera che dirigerà nuovamente ad Atene l’anno successivo. Nel 2006 dirige Tosca al Festival Puccini. Inizia anche la sua collaborazione con l’etichetta musicale Deutsche Grammophon con Puccini (Edgard, con l’Orchestra e Coro di santa cecilia e Placido Domingo). Riceve inoltre il premio europeo “Lorenzo il Magnifico” dall’Accademia Internazionale Medicea di Firenze. Nel 2007 dirige I Medici di R.Leoncavallo al Festival Puccini in occasione del 150º anniversario del compositore.
Nel 2008 incide La Nuit de Mai, una selezione di arie d’opera e brani di Ruggero Leoncavallo, cantata da Placido Domingo e accompagnato dalla Orchestra del Teatro Comunale di Bologna. Dirige i Wiener Philharmoniker in un concerto di arie rare di Puccini cantate da Plácido Domingo e Violeta Urmana. A Bologna dirige anche la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna nell’esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven.
Dal 2010 al 2013 è stato Direttore Stabile della Fondazione del Teatro Petruzzelli di Bari, avendo l’onore di essere il primo direttore musicale di questo teatro dopo la ricostruzione a seguito del drammatico incendio del 1991.
dal Maggio 2012 al 2014 è stato consulente artistico e musicale del nuovissimo Gran Teatro di Tianjin, in Cina, che ha inaugurato il 22 marzo 2013 con Tosca di Giacomo Puccini. Dal maggio dello stesso anno è Direttore Ospite della Shanghai Opera House.
Nel 2013 è stato incaricato come direttore principale della Shanghai Opera House, poi sostituito dal Maestro Xu Zhong, Direttore artistico anche dell’Arena di Verona. Fra gli altri incarichi ricoperti, è stato Music Director della Opera Orchestra of New York, orchestra che si riorganizza di volta in volta per concerti occasionali
Promotore del Progetto Verismo, Alberto Veronesi è Artista Ufficiale della Deutsche Grammophon Gesellschaft in Berlin. Per la casa discografica ha inciso 7 album, collaborando con grandi artisti del calibro di Placido Domingo, Roberto Alagna e Angela Gheorghiu.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha individuato nella figura del Maestro Alberto Veronesi, Presidente della Fondazione Giacomo Puccini di Lucca, la figura adatta a ricoprire l’incarico di presidente del Comitato promotore delle celebrazioni pucciniane, quale proprio delegato.
L’INTERVISTA
1. Iniziamo identificando bene il suo ruolo attuale all’interno della Fondazione Festival Puccini
Attualmente non ho un ruolo: quello di presidente è finito nel 2019, per mie dimissioni, quello di direttore musicale è terminato nel dicembre 2022, quando il cda della fondazione decise di prorogare il direttore artistico, allora Giorgio Battistelli, ma non il direttore musicale. Pochissimi mesi dopo, la Fondazione sciolse anche il rapporto con il Direttore Artistico. Dopo un po’ fu nominato un nuovo presidente, che, senza nemmeno avvertire il cda, annunciò un nuovo direttore artistico.
2. Quali possibilità di intervento, veto o censura le consente rispetto alla programmazione della stagione
Seppure può avere voce in capitolo sullo spettacolo, qualora gli se sia dato mandato, il direttore d’orchestra è principalmente il responsabile dell’esecuzione musicale, ovvero mettere insieme tutti i soggetti coinvolti, orchestra cantanti e coro, per dar vita ad un insieme che possa esprimere al meglio le emozioni della partitura che sarà eseguita.
3. Quando ha preso visione della regia scelta dal regista francese?
A febbraio, con Gayral si parlò di alcuni aspetti del suo allestimento; in quell’occasione mi informò che ci sarebbero stati manifestanti e cartelli. Sobbalzai sulla sedia, non era certo il genere di lettura che avrei dato a quest’opera; chiesi almeno che in questi cartelli non fossero presenti segni di carattere politico o ideologico di nessuna tendenza. Mi fu risposto che ci sarebbero state solo indicazioni sulla sensibilità ambientale.
Anche successivamente ciò che mi ha mostrato e indicato non è quello che mi sono trovato davanti, sia dal punto di vista delle immagini che, principalmente, dei contenuti.
4. Qual’è stata la sua reazione nei confronti di lui e nei confronti della Fondazione
La Fondazione aveva, nei suoi confronti, dei contratti firmati dal presidente e dal precedente direttore artistico, queste le ragioni per le quali l’opera poteva essere allestita e messa in scena. La mia reazione quando presi atto di come realmente Gayral la volesse realizzare, come detto, fu di stupore e di disapprovazione; e non, si guardi bene come qualcuno ha tendenziosamente fatto intendere, perché “comunista” ma solo perché non rappresentativa dello spirito del compositore e spesso dissacrante nei suoi confronti.
Mi permetta di aggiungere che sono istintivamente contrario a letture esplicitamente politiche delle opere della tradizione che, in genere, hanno percorsi storici e ideali ben configurati nei contenuti del libretto e rispecchiano perfettamente il loro tempo e il pensiero di chi le ha realizzate (compositore e librettista).
5. L’On. Sgarbi le aveva “suggerito” di rinunciare alla direzione in segno di disapprovazione delle scelte fatte dal regista. Perché la sua scelta, invece, di usare la benda come forma di protesta?
Quando mi resi conto che la regia era violentemente provocatoria (Mimi si fa le canne tutto il tempo e alla fine, invece di piangere la morte di Mimi, vanno in piazza con il pugno chiuso solo per fare qualche esempio), era troppo tardi per ritirarsi. Per rispetto delle maestranze ho pensato di non abbandonare lo spettacolo. Il 7 luglio ho scritto per l’ultima volta alla Fondazione chiedendo di non mettermi nell’imbarazzo di firmare uno spettacolo anti pucciniano e ideologico. Mi hanno risposto che dovevo rispettare un completo silenzio sui contenuti dello spettacolo, cosa che ho fatto anche se, guardando Facebook della Fondazione, si possono trovare sulla bohème le interviste a tutti, probabilmente pure a Parpignol, ma non quella al direttore d’orchestra, la cui opinione evidentemente per questa Fondazione, non ha alcun valore.
La decisione della benda è stato un modo per dire due cose che ritenevo importanti testimoniare: il mio totale dissenso per ciò che veniva messo in scena su quel palcoscenico, e la totale dicotomia tra ciò che il pubblico avrebbe ascoltato e ciò che avrebbe visto e che io non intendevo assolutamente vedere per non profanare la memoria di Puccini.
6. In qualità di direttore d’orchestra immagino abbia condiviso con l’orchestra la sua scelta di dirigere con una benda: qual è stata la loro reazione?
L’orchestra era tranquilla. Senza voler fare paragoni, dirigere ad occhi chiusi non è cosa impossibile come ha dimostrato ampiamente Karajan. Personalmente posso dire senza tema di smentite che conosco decisamente bene quest’opera da poterla dirigere anche con una benda e i fatti non mi hanno smentito: abbiamo fatto la recita senza nessuna contestazione per quanto concerne la direzione; orchestra, coro e cantanti, sotto il profilo tecnico, sono stati perfetti, non c’è stata alcuna difficoltà di intesa con loro e nessuno di loro ha mostrato sconcerto o disperazione.
7. In che modo si è relazionato col cast?
Perfetto e amichevole; spesso ho dovuto intervenire per fare in modo che quella regia totalmente anti musicale e che affannava i cantanti non diventasse un problema insormontabile per loro.
Devo dire ancora una volta che ho trovato una scarsa collaborazione dal regista deciso a mantenere la sua linea intransigente.
8. Ci è sembrato che i fischi e i commenti critici (pochi in verità) a lei rivolti fossero strumentali e funzionali a creare discredito nei suoi confronti, proteggendo invece le scelte del regista. Cosa ne pensa a riguardo?
Non lo nego: è molto sospetto che, all’intervallo, la Fondazione mi abbia imposto di fare la passerella sotto il riflettore invece di farmi entrare dalla buca che avrebbe limitato la mia esposizione. Perché la Fondazione ha deciso di farmi fare la passerella? Forse perché, insieme al regista i cui collaboratori sono stati i primissimi a insultarmi, aveva organizzato una specie di forca caudina?
9. Il presidente della Fondazione del Pucciniano, Luigi Ficacci, ha spiegato che “per togliere il maestro Veronesi dall’imbarazzo di dirigere un’opera che non riconosce e togliere dall’imbarazzo anche orchestrali e artisti abbiamo deciso di revocare allo stesso Veronesi la direzione delle prossime repliche, in programma a luglio e agosto”: un atto intimidatorio, una punizione per la sua ribellione, o che altro?
Non può avermi sollevato perché mancano le ragioni giuridiche. La cosiddetta “protesta” invocata dalla Fondazione la puoi fare verso un direttore inesperto che sbaglia tutti gli attacchi. Non verso chi, per loro scelta, inaugura con successo il festival da 25 anni.
La mancanza di fiducia non c’entra nulla con un contratto di servizio come quello che mi lega alla Fondazione. Anche commentatori come Tommaso Cerno e Daniele Capezzone hanno riso di fronte alla prospettiva di un licenziamento; piuttosto si sarebbero aspettati la organizzazione di un dibattito culturale sulle problematiche delle regie moderne, non certo una ripicca di chi dice “comando io e ti licenzio”. Siamo di fronte a una preoccupante regressione culturale mascherata da libertà di espressione.
Temo inoltre che, dietro quella bagarre, ci possa essere anche un attacco di tipo politico nei miei confronti e non solo perché ho pubblicamente contestato un allestimento che ha fatto della politica un manifesto più che esplicito.
10. Da troppo tempo, a mio avviso, la qualità delle produzioni presentate in occasione del Festival Puccini lasciano a desiderare. Operazioni come questa Boheme servono forse ad attirare l’attenzione o, al contrario, sono funzionali ad un disegno politico?
Il regista mi era stato presentato come “significativo” in quanto era amico ed assistente di Robert Carsen, non perché fosse un grande regista. In pratica era stato raccomandato da Carsen che, infatti, è accorso a dichiarare che di grande regia trattavasi. Ormai siamo in un sistema di potere dove lo scambio favori è più importante della qualità di ciò che si propone. In questo caso di Puccini, della qualità delle produzioni, del contenuto del lavoro, non interessa nulla a nessuno.
11. Mi farebbe piacere se ci lasciasse un suo commento a questa vicenda considerando anche che, spesso anche in un recente passato, è stato preso come capro espiatorio degli scarsi successi delle programmazioni.
Il commento è che con due concerti per le Celebrazioni organizzati in relativamente poco tempo abbiamo raccolto a Lucca e a Torre del Lago, più di 8.000 persone veramente appassionate alle quali abbiamo offerto grandi voci e repertorio pucciniano autentico. Questo è ciò che la gente vuole: grandi voci, grandi orchestre, regie piene di spunti e scenografie piene di colori. La gente paga il biglietto per vedere Puccini. Non è accettabile che qualcuno vada via dal Teatro pensando che Puccini fosse un contestatore di sinistra. Si paga profumatamente un regista con 10 assistenti anch’essi pagati profumatamente, e poi si risparmia sull’orchestra e sul coro, cui si negano le prove; è ora che la tendenza si inverta perché così, con i soldi dei contribuenti, stiamo distruggendo la musica e i nostri grandi autori.
Stefano Mecenate
Luciano
E dove sta il problema ad ambientarlo in altro tempo? È scelta artistica frequente nei grandi teatro lirico, ad esempio uno splendido Macbeth alla scala. Evidentemente Veronesi ha scelto l’opzione che più lo faceva notare come insegnava Moretti