Mai sia, si diceva. No dai non torneremo alla vita di prima. Di prima quando? Si diceva: la dura esperienza delle limitazioni per emergenza virus ci ha cambiato per sempre, saremo più buoni e non torneremo alle abitudini di prima come l’intasamento da traffico. Davanti alle scuole assistiamo ad uno dei fenomeni più curiosi, assurdi e insensati in fatto di qualità della vita e tutela della salute: macchioni in fila a portare o a riprendere ragazzi e ragazzine in doppia e tripla fila con marmitte fumanti e scaricagas continuo. Macchinoni e macchinette fin davanti all’entrata, fin alla vetrata, sotto il cancello, e quindi strade, incroci e mezzi quartieri intasati e gasati. Bella qualità della vita. Frase ironica (ndr)
A Milano come a Verona, a Mantova come a Firenze, a Bari come a Palermo, l’abitudine di portare i nostri pargoli anche piuttosto grandi sin davanti al liceo o ai vari istituti provoca la concentrazione più assurda di veicoli proprio dove ci sarebbe da evitare traffico e inquinamento. Dove ci sarebbe bisogno di più aria e meno gas.
Sì perché ovviamente non è una sosta lunga o un parcheggio normale: è un continuo avvicinamento e avvicendamento al punto più prossimo alla porta o al portone per lasciare la figlia o il figlio e poi cercare di uscire dall’ingorgo autoprodotto lambendo, con le lamiere del suv e pneumatici da trattore, zainetti e cartelle, braccia e gambe. E con marmitta sputa gas.
Ovviamente più grande è l’istituto scolastico più grande è l’ingorgo inquinante. Ci sono città che ospitano le scuole concentrandole in un quartiere organizzato. Ci sono aree delimitate per vari istituti; lì ovviamente non entri con le auto e i genitori accompagnanti rimangono negli appositi viali di “circonvallazione” o nei parcheggi laterali appositi. Un mezzo sogno. Ci sono invece plessi scolastici in quartieri di città che occupano un intero isolato e le relative strade adiacenti diventano un tutt’uno con la scuola. Una specie di quadrilatero dedicato. Dove in certi orari non è possibile passare.
Parole al vento. Eccoci qui, come prima più di prima, tutti in strada, tutti in tangenziale (come il gatto?), tutti o quasi col “suvone” , suv grosso-grosso piattaforma simil Molise, e scaricante i gas più diversi, anche davanti alle scuole. Al liceo come alle elementari. Mascherine e particolato insieme, polveri più o meno sottili e concentrazione di marmitte. Dai, siamo un po’ marmittoni. Bella vita, si direbbe. Ma quale qualità della vita nasconde? Siamo un po’ curiosi noi cosiddetti esseri umani, sapiens homo ricorderebbe Mario Tozzi, sapiens ma non sempre praticante sapienza e saggezza. Ci ammaliamo di traffico e facciamo ammalare di traffico.
Ci ammaliamo di traffico e nonostante tutto andiamo tutti in auto per ore e ore al giorno e poi finiamo per morire di smog. Una tragedia. Un dramma annunciato. Sembra un circolo vizioso da cui non si riesce a scappare, è il cane che si morde la coda o il gatto in tangenziale che cerca di prendersi la coda girando intorno tendenzialmente all’infinito.
Due dati per stare con i piedi per terra e citare qualche fonte. Secondo una ricerca Doxa su un campione di 738 italiane ed italiani tra i 18 e i 65 anni la metà degli intervistati ha dichiarato di considerare l’automobile la fonte dei propri malanni.
Adesso forse con le mascherine anche in giro ci proteggiamo dal Covid e dalle polveri, dai virus e dai particolati.
Buttarsi in tangenziale, imboccare un’autostrada, anche semplicemente trasferirsi per andare al lavoro o fare la spesa o compiere due o tre commissioni è fonte di ansia e attacchi di ansia. Ma anche di più: è fonte di allergie, mal di schiena, mal di testa e via disturbando. Bella roba. In auto ci ammaliamo. Non è una sensazione ma il risultato di molte indagini che in questi ultimi anni si sono ripetute. E’ un fatto: la prima ansia appena dopo il risveglio per una marea di uomini e donne è proprio il traffico.
Sono soprattutto le polveri sottili e ultrasottili a provocare danni alla salute o ad aggravare malattie cardiovascolari, asma e cancro ai polmoni. Morire di smog non è uno slogan ma il risultato di indagini e ricerche. Il dato diffuso a novembre dall’Agenzia europea dell’’ambiente è davvero allarmante: 467 mila persone morte in un anno prematuramente per conseguenze dello smog e del mal d’aria.
L’85 per cento della popolazione urbana in Europa è stato esposto al particolato sottile, e al “particolato fine” le PM 2.5.
E nello specifico questi sono i malanni: il 64 per cento (mica poco!) attribuisce la stanchezza cronica alle ore passate al volante, spesso più di due ore al giorno; il 47 per cento dice che il mal di schiena è colpa proprio dell’auto, fino ad arrivare al 45 per cento che ritiene l’auto causa degli attacchi di mal di testa, 15 per cento difficoltà respiratorie, 10 per cento allergie. Fate voi.
Non si scopre certo oggi il mal di traffico ma chiaramente si conferma come una delle condizioni peggiorative della nostra qualità della vita quotidiana e globale.
Siamo proprio curiosi noi esseri umani. Sappiamo che l’auto ci fa male e tuttavia ci infiliamo in bolidi e in suv a sgommare tra scuole e viali, vicoli e tangenziali come se fosse uno sport tutto benessere.
Cattive abitudini e brutti consigli, inveterate abitudini da quattro ruote dipendenti come se dovessimo dimostrare il nostro censo e il nostro gradino sociale dalla cilindrata e dallo spessore del paraurti. Dovremmo viaggiare più con le app che con il carburante, più con il wifi che con le marmitte.
Fabrizio Binacchi
Lascia un commento