Si fanno incontri improvvisi e quel che ti colpisce a volte non è solo l’incontrato ma il suo mezzo di trasporto usato. E l’atmosfera che si crea. Se ti vedi arrivare nel cortile del giornale un ricco collega con la rombante Ferrari non ti stupisci più di tanto. Se senti le pale di un elicottero in alto che cerca un eliporto e vedi sbarcare un magnate dell’industria o della finanza non ti meravigli più di tanto.
Se incroci, in un tiepido tardo pomeriggio di primavera, un noto soprintendente di beni culturali tra i più famosi del Paese, che solca in bicicletta piazza della Repubblica e punta dritto, con eleganza ed equilibrio, verso via dei Calzaiuoli un po’ ti stupisci e un po’ provi voglia d bicicletta anche tu.
Era, naturalmente, Antonio Paolucci che avevo conosciuto anni prima a Mantova dove aveva fatto grandi cose da soprintendente di Palazzo Ducale e delle Belle Arti, aprendo magazzini e corridoi, riscoprendo pezzi di storia e di arte che erano in manutenzione e forse dimenticati da tempo immemorabile. Mitico professor Paolucci, in sella alla sua bici, con cartella di pelle d’ordinanza credo attaccata dalla canna della bici, svettante nello scenario urbano fiorentino. Pensai: quanto dev’essere affascinante pedalare nelle bellezze fiorentine?! E farsi accarezzare la faccia dal vento dell’arte.
Sì dai, è bello anche solo camminare, alzare lo sguardo ogni tanto e scoprire un’arcata e un frontone, un Dante che ti fissa e un Perseo che ti segue, con lo sguardo, ma sfrecciare in biciletta tra via degli Strozzi e via dei Brunelleschi, svoltare in via dei Tosinghi e proseguire per via delle Oche dev’essere tutta un’altra cosa. Come dice un mio grande amico fiorentino “senti l’aria di Firenze in faccia e ti accarezza la guancia con i suoi profumi d’arte”. E mi diceva spesso: che senso avrebbe vivere se non senti il vento in faccia?!
Quella pedalata di Antonio Paolucci nel centro di Firenze, nel cuore di una città che ti fa sentire al centro della civiltà, beh mi rincorre ancora oggi come immagine di armonia e soavità, di inclusione e convivenza. Sfiori pezzi di umanità e costeggi frammenti di storia, pedalare per Firenze è terapeutico, penso, anche per combattere forme di ansia e di solitudine, di rancore e di torpore.
Certo è bello pedalare anche dalle parti di Radda In Chianti e disegnare con le tue curve nuovi perimetri di un territorio romantico e profumato. Certo è splendido anche pedalare dalle parti di Coverciano o Settignano e ti sembra di volare sopra un mondo che vedevo ad altra altezza.
Ma questa immagine scolpita come una palpebra del David di Paolucci emblema e simbolo della divulgazione artistica e culturale nella piazza, che fa da snodo di tutte le culle della civiltà rinascimentale, mi scatena sempre forti emozioni, come di percezioni assolute, di sensazioni uniche, di brividi dentro. Quelli che non riesci a descrivere se non confidando nell’immaginazione del tuo lettore e nella commovente fantasia del tuo ascoltatore.
Fabrizio Binacchi
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