Roger Scruton prese coscienza della sua simpatia, che poi si tramutò in convinzione profonda, verso il conservatorismo alla Edmund Burke a Parigi nel ’68, a contatto con le manifestazioni del Maggio francese. Se Burke virò verso il conservatorismo per gli eccessi della Rivoluzione francese che seguirono i fatti dell’89, Scruton (che cita Burke) fece un’analoga scelta di fronte alle violenze –macchine sfasciate, vetri rotti, strade disselciate– dei manifestanti parigini:
«Improvvisamente mi resi conto di essere dall’altra parte. Ciò che vidi fu una folla indisciplinata di teppisti [hooligans] della classe media autoindulgenti. Quando ho chiesto ai miei amici cosa volevano, cosa stavano cercando di ottenere, tutto ciò che mi fu risposto è stato questo ridicolo giochino [gobbledegook] marxista . Ne ero disgustato e pensavo che ci fosse un modo per tornare alla difesa della civiltà occidentale contro queste cose. Fu allora che divenni un conservatore. Sapevo che volevo conservare le cose piuttosto che tirarle giù».
Alle discussioni che si svolgevano nella metà degli anni Settanta all’interno del Conservative Philosophy Group, da lui fondato, partecipò anche Margaret Thatcher, futuro primo ministro inglese.
Scruton è stato contestato di recente per certe sue esternazioni sull’Islam, sui gay, sull’immigrazione. In fondo le sue idee sono piuttosto semplici, un paio su tutte: la civiltà occidentale deve molto al cristianesimo, a cominciare dalla valorizzazione dell’individuo, e la società non è altro che una trasmissione di valori tra generazioni. Per questo egli ha un vero e proprio culto della casa, l’oikos –tanto da far parte di una commissione governativa, di cui era presidente, che si occupa delle politiche abitative–, la casa come luogo dove si trovano oggetti che sono storia familiare, tradizioni, da tramandare di padre in figlio.
Sull’immigrazione si espresse in modo critico, avendo sempre come punto di partenza la casa: intorno ad essa ci sono i vicini, quindi la comunità, da cui devono scaturire la legge, secondo i principi della Common law, e i servizi necessari. Critico pertanto anche verso l’immigrazione europea: secondo lui non è condivisibile che una comunità metta in piedi servizi di formazione, che sono un investimento, da cui escono per es. medici e infermieri, e poi che questi emigrino in altri paesi (in una conversazione egli si riferì proprio al personale italiano nelle strutture sanitarie inglesi). Insomma, in un certo senso, un conservatorismo, il suo, con il culto del “chilometro zero”.
Scruton si è schierato contro i matrimoni gay –la cui introduzione è stato il frutto di una scelta dei conservatori con Cameron, votata dal parlamento ma non contenuta nel loro programma elettorale– ma il filosofo non ha in odio i gay (“Noi inglesi siamo sempre stati pionieri sull’omosessualità”) quanto l’idea di ridurre il matrimonio a contratto, polverizzando l’idea metafisica sottostante alla triade naturale, nascita, matrimonio, morte, che è anche alla base della costituzione “sociale” della comunità. È stato molto critico pertanto verso l’uso del termine “omofobia”, perché intimidisce e fa sì che ci si tappi la bocca, nel timore dell’accusa.
Sull’Islam il discorso è più complesso. Scruton –che amava il vino, la caccia, la musica e l’estetica– riteneva che i musulmani siano gente pacifica, ma che nelle Scritture di cui si nutrono ci siano germi di violenza, che prendono il sopravvento quando essi si coniugano col marxismo. Da qui la sua condanna verso certe tendenze apparentemente “progressiste”, in realtà nemiche di ogni libertà, che finiscono per sfociare sistematicamente nel rigido rispetto di norme scritte una volta per tutte –si pensi alla rivoluzione iraniana, che non avrebbe vinto senza l’appoggio di comunisti e marxisti, salvo poi finire del tutto in mano agli islamisti i quali, come prima preoccupazione, sentono il bisogno di massacrare chi era stato determinante per la loro vittoria (passaggio questo necessario sulla strada dell’affermazione di una repubblica islamica). Il filosofo inglese si è tuttavia ripetutamente augurato che i paesi e le comunità musulmane avanzino verso la libertà, il pluralismo e la pace, mettendo da parte l’idea della limitazione delle libertà individuali. Proprio per questo egli ha criticato duramente l’uso e l’abuso che del termine “islamofobia” se n’è fatto in occidente (per cui ogni espressione critica rischia di essere preclusa con l’accusa di blasfemia).
Il filosofo inglese, che ha anche il gusto –un po’ sessantottino a dire il vero, quello perlomeno con sfumature di maoismo– del ricorso a slogan di facile comprensione, quando si è trattato di delineare gli obiettivi per la sopravvivenza dell’occidente, ha parlato di battaglia contro “i tre veleni” pubblici odierni, il politically correct, la pornografia e la plastica, con la giustificazione che il primo avvelena il pensiero, il secondo l’amore, il terzo il mondo.
Quanto agli antidoti, Scruton argomenta che la difesa dell’occidente si deve basare innanzitutto sui valori del cristianesimo, che per lui sono intrisi di libertà dell’individuo, e in secondo luogo sull’esempio dei greci. Riguardo a quest’ultimo riferimento, la sua idea va in particolare non solo all’esempio della libertà politica ateniese, ma anche ad alcuni dei suoi portati magari meno citati, ma non per questo meno importanti, come l’autoironia, ben rappresentata da Aristofane e dalla commedia ateniese.
Insomma un neo-con, si direbbe, sulla scia di Leo Strauss, ma con il tratto distintivo degli intellettuali inglesi, determinati e gentili.
Luciano Priori Friggi
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